Accusati di ricattare gli operai per licenziarli

06 febbraio 2013 —   pagina 21  Nuova VeneziaMestre

Il 15 maggio prossimo il giudice dell’udienza preliminare Roberta Marchiori, ascolterà due testimoni prima di decidere se rinviare a giudizio o meno i titolari della «Eurotecnica» e della «Rock», imprese che hanno a lungo lavorato in subappalto all’interno di Fincantieri, accusati di estorsione nei confronti di decine di loro dipendenti, per la maggior parte operai del Bangladesh. Per quel giorno sono stati convocati il segretario provinciale della Fiom Luca Trevisan e il funzionario dell’Ispettorato del lavoro, che ha compiuto i controlli sulle due imprese di Giuseppe Ruggi (Mira) e Daniele Cassarino (Fiesso d’Artico) e dei due loro soci bengalesi, controlli conclusi con pesanti ammende. Dovranno spiegare se sia davvero una prassi molto diffusa, seppur illegale, quella della cosiddetta paga globale. Si tratta di un sistema che molti operai stranieri, ai quali la pensione non interessa perché prima o poi se ne andranno dall’Italia, accettano e che conviene soprattutto ai titolari delle imprese, visto che non pagano i contributi. I quattro, però, devono rispondere di aver di fatto ricattato i loro operai facendo firmare fogli di dimissioni senza data. Visto che le paghe, stando alle accuse, venivano decurtate anche del 30 per cento, se qualcuno si lamentava o protestava le dimissioni venivano accettate, ma in realtà si trattava di un vero e proprio licenziamento. Chi non firmava quel foglio senza data non veniva assunto e così, molti, anzi quasi tutti, lo firmavano pur di lavorare. Quattro anni fa, i carabinieri della Polizia giudiziaria veneziana, nelle perquisizioni nelle sedi delle due imprese e nella case dei quattro titolari, avevano trovato le prove: numerosi fogli di dimissioni già firmate dai dipendenti, tutti regolarmente senza data e quindi firmati al momento dell’assunzione. Se le ditte avessero dovuto pagare il salario intero ai dipendenti non avrebbero potuto strappare i subappalti alla Fincantieri e riuscivano a farlo grazie ai ribassi proposti grazie ai risparmi fatti sul salario della forza lavoro. Durante le gare, quattro anni fa, le ditte indicano il prezzo per ora di lavoro, il cui numero complessivo viene dato da chi appalta, e per non finire fuori mercato si aggirava sui 20 euro all’ora, un prezzo davvero irrisorio Spesso, tra l’altro, il loro orario di lavoro superava addirittura le 12 ore.(g.c.)