Sent: Friday, March 30, 2007 1:40 PM
Dalle “anteprime” che
trapelano, sembra proprio che si stia preparando una riforma che ancora una
volta taglieggerà le retribuzioni di milioni di persone.
Una riforma che ancora una
volta sarà portata a termine con la fattiva partecipazione di quelle “parti
sociali” che dovrebbero avere il compito di salvaguardare la posizione di quei
milioni di persone, che dovrebbero battersi per un loro progressivo
miglioramento, che invece sono definitivamente trasformate in società
d’interesse con tanto di broker che vagano nelle assemblee dei posti di lavoro
per propagandare i loro “prodotti” (i fondi previdenziali)
Argomenti falsi,
mistificazioni e bugie vengono adoperati a piene mani: vogliamo ancora una
volta smascherarli.
Facciamo una ipotesi su un
lavoratore “medio”, la cui retribuzione oggi si aggira intorno ai 1200 €uro
mensili.
Paragoniamo ora questa
cifra con quanto riceverebbe se per lo stesso periodo di 35 anni egli avesse
versato i suoi contributi TFR ad un Fondo pensione, come previsto dalla
riforma..
In una ipotesi
ottimistica, in cui il Fondo gli garantisca un buon rendimento, alla fine della
sua vita lavorativa, il lavoratore percepirebbe circa 130 € mensili di rendita
vitalizia.
Per arrivare ad
ammortizzare (cioè a vedersi restituita), con questa rendita, l’importo che
avrebbe ricevuto con il TFR “tradizionale”
Se consideriamo un
lavoratore che per esempio va in pensione a 60 anni, che è ormai il minimo per
raggiungere i 35 anni di contribuzione, dovrebbe arrivare all’età di 97 anni.
“I
pensionati di oggi devono prendere meno per garantire la pensione ai giovani
domani”:
Il bilancio previdenziale,
anche secondo tutte le analisi ufficiali ed istituzionali, depurato del carico
dei trattamenti assistenziali (cui non fanno fronte contributi e che dovrebbe
essere sostenuto dalla fiscalità generale), dimostra di essere ben in salute ed
in grado di garantire le pensioni future.
“I costi
della previdenza sono troppo alti”
Il 40% delle risorse
finanziarie dedicate al sistema sono assorbite da una ristretta cerchia di pensionati
“d’oro” privilegiati che percepiscono ben oltre i 5.000 euro mensili di
pensione e non sono che il 6-8 % di tutti i pensionati.
Sono queste le pensioni che ci costano
troppo !!
“L’aspettativa
di vita si è allungata e l’INPS deve pagare le pensioni per più anni”
Vi risulta che sanità e
assistenza siano così uguali per tutti, tanto che la speranza di vita di un
milionario, che va a curarsi in Svizzera o negli USA o che comunque può godere
dell’ assistenza medica da parte dei baroni nostrani, è la stessa di un
pensionato sociale con 500 euro al mese che deve attendere mesi e mesi per un
esame ospedaliero ?
“Se si
difende, aggiornandola, la riforma Dini, si difende la previdenza pubblica”
La riforma Dini ha
significato l’abolizione della previdenza pubblica, con essa la pensione è
passata dall’essere una retribuzione tesa a garantire almeno parzialmente, il
tenore di vita degli ultimi anni di lavoro, a rendita calcolata con la
capitalizzazione di quanto versato, come un qualsiasi investimento finanziario.
Consideriamo ora l’aspetto
che riguarda i contributi previdenziali. Lo stesso lavoratore, dopo i suoi 35
anni di contribuzione, avrebbe versato circa 240.000 €uro totali. Calcolando la
sua pensione con il sistema conributivo, così come prevede a regime la
mega-riforma Dini, anche in questo caso, solo per riprendere il capitale
costituito dai contributi versati, senza alcun interesse, egli dovrebbe vivere
per almeno 30 anni dall’inizio del pensionamento.
Sono solo alcune delle
mistificazioni che circolano e vengono ripetute a ritmo martellante su tutti i
media, applicando un vero e proprio lavaggio del cervello.
Una contraffazione della
realtà che impedisce di capire che invece sarebbe necessaria un altro tipo di
riforma, che vada ad intaccare i veri elementi negativi, regolarmente ignorati
dagli “opinionisti” e dai “commentatori” di regime: l'evasione
contributiva e fiscale che continua a non essere perseguita, la sproporzione
scandalosa tra le retribuzioni pensionistiche delle categorie
privilegiate rispetto alle pensioni sociali ed alle pensioni delle categorie
meno “protette”, la insopportabile rapina messa in atto dal sistema
contributivo che restituisce al lavoratore solo una parte, nella
maggior parte dei casi minima, dei contributi versati durante il lavoro.
Ancora una volta facciamo
appello a quelle forze politiche che finora – ma sempre meno purtroppo – si
sono frapposte alla realizzazione di questa paventata riforma, affinchè
affrontino con coraggio i veri nodi della questione, rifiutando compromessi
dettati da logiche di allenza con blocchi sociali i cui interessi sono
incompatibili con il ripristino di una vera previdenza pubblica.