GIUSEPPE, UNO DI NOI
Giuseppe era portalettere, uno di noi, morto 4 anni fa, dopo una settimana di
agonia. Era stato investito da un autobus mentre stava consegnando la posta.
Vogliamo ricordarlo come ogni anno, come se fosse ancora accanto a noi, con la gioia
e l'allegria che ha sempre trasmesso a chi lo ha avuto vicino e a chi lo ha
conosciuto. Ed è con la gioia del suo sorriso che lo ricordiamo, ma con la
profonda tristezza di averlo perso per sempre anche se vivrà per sempre con
noi, nei nostri cuori e nei nostri pensieri.
Quest'anno l'anniversario della morte di Giuseppe cade in un periodo ancora più
critico per i portalettere di Prato, e comunque per i portalettere in generale.
La nuova organizzazione del lavoro infatti ha riportato i nostri due uffici
a periodi criticità come non se ne vedevano da anni, e come sempre a pagare
sono i portalettere, che si trovano a dover lavorare in condizioni ancora
peggiori di sempre, per cecità e volontà di chi, non solo non ha aumentato il
numero delle zone, ma le ha diminuite.
Da una Azienda che è attualmente in attivo ci si aspetterebbe un riconoscimento
verso i suoi dipendenti, che, pensiamo nessuno lo possa negare, hanno già
pagato con sacrifici enormi il prezzo di continue ristrutturazioni e di aumenti
dei carichi di lavoro, che hanno portato, soprattutto tra i postini, ad un
forte aumento di incidenti. Purtroppo anche mortali.
Invece no, Almeno per quanto riguarda il recapito.
Sulla logica di un sempre maggiore profitto, di un costo del lavoro sempre più
basso e più appetibile in vista delle future operazioni di mercato che
presto avverranno anche in Poste, si continua a tagliare: 2250 zone- in meno,
ad aumentare i carichi di lavoro, a togliere ogni regola sulle areole.
Questo costringerà i postini a dover correre ancora di più e a stare più tempo
sulla strada, con il conseguente aumento di rischi di incidenti.
Perdipiù, (e meno male che predicano maggior sicurezza) hanno diminuito
anche i viaggetti di appoggio, con il risultato di dover caricare ancora di più
motomezzi e biciclette.
Ci dovrebbero spiegare i dirigenti di quest'azienda che ci sommerge di fogli
sulla Legge 626, e con loro quei sindacalisti che concludono ogni accordo a
discapito dei lavoratori, come faranno i portalettere a far combaciare la sicurezza
con il maggior carico di lavoro?
Giuseppe, uno di noi, così caro a noi, per le statistiche non è stato che uno
dei tanti morti sul lavoro, le cifre dicono 1200 all'anno circa, 4 al giorno,
cifra che dà all'Italia il triste primato europeo dei morti sul lavoro.
Italia, Paese del G8, tra i più industrializzati al mondo, i salari più bassi
d'Europa (solo davanti al Portogallo) e la più alta incidenza di mortalità sul
lavoro.
Queste sono le condizioni imposte da tutti i governi succedutesi negli anni,
(di centrodestra o di centrosinistra non ha importanza) a dimostrazione che chi
si alza la mattina per guadagnarsi la pagnotta non ha governi amici.
Queste sono le condizioni imposte da Confindustria e Fondo Monetario
Internazionale mai sazi quando si tratta di arricchirsi ancora di più e di
peggiorare le condizioni di vita dei lavoratori. Quattro morti al giorno non
sono la fatalità che questi arroganti signori vogliono far credere, sono il
prezzo del profitto, del precariato, dei bassi salari, dei lunghi orari, dei
pesanti carichi di lavoro, dei ricatti, che i lavoratori sono costretti ad
accettare, per poter lavorare. Sono il prezzo della guerra che gli sfruttatori
stanno imponendo agli sfruttati.
Sono il prezzo accettato da chi, sindacati confederali compresi, non vedono più
il lavoro come fonte di avanzamento ed emancipazione della classe operaia, ma
solo come logica di profitto del capitale.
SLAI COBAS POSTE PRATO
via dell'Aiale 20
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f.i.p. 15-4-2007