Epifani, Angeletti e Bonanni contestati nello stabilimento
Mirafiori
Possiamo dire che lo sciopero del 17 novembre promosso
dal sindacalismo di base contro la finanziaria e contro il governo Prodi, ha
anticipato le giuste ragioni che hanno spinto gli operai della fiat di
mirafiori a contestare il 7 dicembre i tre segretari dei sindacati confederali.
Questo episodio oltre a renderci felici, conferma che
gli operai non solo sono contrari a questa finanziaria, allo scippo del tfr e a
nuovi tagli alle pensioni, ma vogliono risposte concrete a Mirafiori come alla
Dalmine: contro l’allungamento
dell’orario di lavoro, la perdità del salario per il carovita, la precarietà
dei giovani operai, le morti e gli infortuni in fabbrica, e soprattutto che non
hanno governi amici che possano fare una politica che difenda i loro interessi
di classe, ma polo e unione sono solo due comitati d’affari dei padroni, per
mantenere sempre il potere nelle loro mani.
Per questo è importante lavorare perchè si affermi tra
gli operai una mobilitazione contro l’intera politica del governo “senza se e
senza ma”, partendo dalla lotta contro le condizioni di sfruttamento in cui ci
costringono a lavorare, che si vorrebbe perpetuare con un nuovo “patto per la
produttività” per il bene del “paese” in nome del quale
governo-padroni-sindacati, ci
vorrebbero chiamare a fare nuovi sacrifici.
DALLA FIAT MIRAFIORI
UN SEGNALE PER TUTTA LA CLASSE OPERAIA
E I LAVORATORI
La contestazione ai massimi
dirigenti sindacali confederali alla Fiat Mirafiori rappresenta un fatto
sindacale e politico di grandissima importanza.
Giustamente gli operai
contestano la finanziaria del governo Prodi, l’insieme della politica
all’insegna della precarietà e del sostegno alla Confindustria di Montezemolo –
anche presidente Fiat.
Quello che hanno contestato
gli operai è il “sindacato amico”, principale puntello della politica del
governo nelle fila dei lavoratori.
Gli operai Fiat hanno dato
una risposta generale anche all’azione specifica dei dirigenti sindacali, Epifani
in testa, di attacco frontale fino ai limiti della scissione a quelle voci nel
movimento sindacale, rappresentate anche in seno alla Fiom, che non si
rassegnano alla politica di un governo di “sinistra” a parole, ma di continuità
con il governo di centrodestra nei fatti.
Nell’attacco che c’è stato
alla Fiom da parte di Epifani, l’elemento principale è legato alla questione di
“apertura ai cobas”, e quindi, di fatto, sono i cobas l’obiettivo di questo
attacco; non certo come realtà effettivamente forte in fabbrica attualmente, ma
come esigenza latente e veicolo di organizzazione e lotta degli operai e
lavoratori.
E’ l’ora della lotta
proletaria contro il governo Prodi, come necessità obbligata per evitare che
settori di massa e di classe operaia possano cadere nella demagogia reazionaria
dell’opposizione Berlusconi-Bossi-Fini.
Occorre, quindi, portare con
forza il significato e l’esempio della contestazione a Mirafiori in tutte le
fabbriche del nostro paese e sviluppare una politica unitaria di base che
coinvolga maggioranze o rilevanti minoranze dei lavoratori; quella politica
unitaria e di base che ci ostiniamo a definire e racchiudere programmaticamente
nella proposta dei Cobas per il Sindacato di Classe.
- La difesa del salario, con
il ripristino della scala mobile;
- l’abolizione della Legge
Biagi con la lotta concreta per il passaggio a tempo indeterminato di tutti i
contratti precari;
- la difesa della salute e
della sicurezza, soprattutto nelle “fabbriche della morte”, applicando e
allargando l’attuale quadro normativo della 626, imponendo le postazioni
dell’Ispettorato in fabbrica e il blocco degli impianti e delle lavorazioni che
mettono a rischio la vita degli operai;
- La difesa del posto di
lavoro a fronte delle ristrutturazioni e delocalizzazioni delle aziende;
la lotta contro il TMC2 e i
sistemi di sfruttamento scientifico, a partire dal gruppo Fiat
sono i temi su cui la lotta è
necessaria, possibile e può vincere, ma se ci si organizza fuori e contro la
politica collaborazionista dei vertici sindacali confederali, con autonomia e
indipendenza di classe.
Da parte nostra, dalla Fiat
Sata a Termini Imerese, dai Cantieri Navali di Palermo all’Enichem di Ravenna,
dall’Ilva di Taranto alla Dalmine di Bergamo, siamo impegnati a fare la nostra parte
di lotta, proposta e organizzazione.
SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE cobasta@libero.it
8-12-06
PRODI SULLE PENSIONI:
“È stato firmato un protocollo che
dice che entro il 31 marzo dobbiamo riformare il sistema, e quando si firma un protocollo
si obbedisce”.
MONTEZEMOLO SUL TFR:
“Accordo
fortemente migliorativo rispetto a quello prospettato”
Respingiamo l’attacco a TFR e pensioni
TFR: viene anticipata al
1° luglio 2007 la controriforma Maroni sulla previdenza completare.
La finanziaria porta a
compimento lo scippo del TFR, da versare nei Fondi Pensione col
meccanismo del
“silenzio-assenso” (il lavoratore che non comunica per iscritto la propria
contrarietà vedrà finire in questi fondi il TFR che maturerà).
Verrà sottratto il 100%
del TFR che maturerà ai lavoratori (delle aziende con più di 50 dipendenti) che
non opteranno per i Fondi Pensione. Sarà
versato in un fondo presso l’Inps, che servirà per finanziare le “grandi
opere”!
Una misura per costringere
i lavoratori a scegliere i Fondi Pensione privati e ad affidare la propria
pensione alla Borsa e ai mercati finanziari.
Le pensioni pubbliche
saranno ancora ridotte. Governo e
Cgil-Cisl-Uil hanno siglato un memorandum (mai sottoposto ad alcuna
approvazione da parte dei lavoratori) in cui si impegnano entro il
31 marzo 2007 ad aumentare l’età pensionabile e a diminuire
l’importo delle pensioni Inps.
La Finanziaria, così, sferra
il colpo decisivo alle pensioni pubbliche per favorirne la definitiva
e completa privatizzazione, nonché riduzione. Già oggi la somma
della pensione pubblica più l’integrazione dei Fondi Pensione, non fornirà una
pensione uguale a quella attualmente erogata dall’Inps.
Abbiamo ricevuto una lettera di un delegato
a cui vogliamo rispondere in quanto non si tratta di beghe interne o personali,
ma della battaglia per affermare un altro modo di fare sindacato in fabbrica
Veniamo accusati di perdita di autonomia, ma la risposta sono le
lotte che abbiamo messo in campo sempre in stretto legame con i lavoratori e i
loro interessi: per la sicurezza nei
reparti contro i ritmi e le condizioni di lavoro, per far emergere le
responsabilità nei padroni sugli infortuni con la costituzione parte civile nel
processo contro rocca per il giovane operaio di 21 anni del fap schiacciato da
un camion... nel contratto dei metalmeccanici abbiamo portato la posizione
autonoma al riformismo della fiom che “parla bene ma razzola male”, sia verso
la filo-padronale Cisl portando nelle manifestazioni cartelli con “Pezzotta
venduto”…nella lotta al precariato denunciando la prassi aziendale di
licenziare gli operai perché infortunati, i presidi contro le agenzie
interinali, lo sciopero nel reparto di sabbio contro i licenziamenti di giovani
interinali dopo 2 anni… nella battaglia
per la democrazia in fabbrica per ridare la parola agli operai nelle assemblee,
contro i burocrati sindacali e la loro alleanza con l’azienda per impedire
l’agibilità sindacale in fabbrica del Cobas…
Altro che perdita di autonomia abbiamo fatto avanzare le ragioni
degli operai contro padroni e sindacati aziendali.
Ma allora quello che il delegato rivendica è forse l’autonomia “per
farsi i fatti suoi”!!! per far quadrare i tempi dell’attività con la vita
privata, con le assenze dal reparto in varie fasi della lotta criticate dagli
operai con frasi del tipo “non c’è mai”, con la minaccia di dimissioni e
relativo distacco dall’attività perché più volte ha scambiato le critiche ad
una concezione personalista del suo ruolo di delegato per attacchi personali…
Tutto questo non sono attacchi personali, ma solo critiche giuste e
sacrosante in merito a fatti e comportamenti, come quelli che di recente hanno
ostacolato l’attività, non facendo usuali
rapporti e resoconti sulla situazione del reparto e gli umori degli operai, dal
rimandare più volte le riunioni e per di più senza interessarsi dell’attività o
portare proposte, dal far circolare in fabbrica comunicati senza i riferimenti
della sede provocatoriamente, al non riconoscere l’utilità dell’informacobas e
della sua diffusione continuativa, allo staccarsi per un periodo senza
pensare le ricadute sull’attività e ancor più grave considerando che basti
restare in contatto con alcuni operai del
reparto come se l’organizzazione cobas si riducesse ai suoi
rapporti-legami personali, al non presentarsi come testimone al processo che
vede imputato l’ex delegato, ora operaio, del cobas dalmine per la battaglia
amianto accusato da un dirigente dell’Inail di diffamazione, lo stesso che con
altri sindacalisti e dirigenti dalmine era coinvolto nella truffa amianto.
Mentre è proprio il delegato che non è stato in grado di fare
nessuna critica alla linea, posizioni, piano di lavoro del cobas, ma ha fatto
solo critiche personali, attaccando, urlando, buttando sulla rissa, la sfida e
andandosene dalle ultime riunioni in sede sbattendo la porta.
Non volendo capire che le critiche non servono per screditare una
persona ma per affermare la credibilità reale del cobas in fabbrica verso gli
operai, chi si prende un’impegno deve mettersi al servizio degli operai e del
cobas e non secondo gli umori o quello che gli prende bene al momento per
dimostrare di essere il “bravo delegato” e poi non sapere per mesi cosa succede
nel reparto in cui lavora!!! Quindi chi parla di autonomia in realtà vuole
rivendicare una sua libertà nel lavoro e quindi far dipendere da sé i tempi del
lavoro e delle vertenze dei lavoratori.
Veniamo accusati di burocraticismo di non discutere all’interno del cobas, quando da settembre si è messo sul tavolo i punti aperti delle varie vertenze per decidere priorità e dividersi i compiti ma nessun contributo alla soluzione dei problemi è stato portato dal delegato che ha avuto un atteggiamento personalista del tipo vediamo cosa riuscite a fare senza di me. Non partecipando alle attività programmate, che comunque sono andate avanti grazie alla partecipazione attiva di altri operai del cobas dalmine con il presidio per lo sciopero del 17 contro la finanziaria, con la campagna per il teatro operaio, con la diffusione dell’informacobas e l’intervento negli scioperi del contratto aziendale.
Il problema è che chi parla di burocraticismo rifiuta
l’organizzazione necessaria che serve per fare un lavoro sindacale di classe in
fabbrica. Mentre noi rivendichiamo questo sforzo per dare una struttura stabile
e funzionante al cobas con l’apertura della sede, l’autoformazione sindacale attraverso lo studio di accordi e
normative, le riunioni periodiche di pianificazione e un metodo di lavoro in
cui il bilancio di errori o limiti serve per
rafforzare e far avanzare la linea del cobas.
E’ evidente che il lavoro del cobas dalmine non è perfetto e non
sempre si è lavorato bene: non andando fino in fondo nelle questioni aperte,
non dando continuità al lavoro, non mantenendo una presenza costante ai
cancelli, non riuscendo a unire gli operai che non ci stanno e vogliono
lottare, limiti ed errori di cui ci assumiamo fino in fondo la responsabilità,
ma per poterli superare e fare il salto necessario al servizio dei lavoratori e
del sindacato di classe.
Un salto per costruire la nuova alternativa operaia al potere dei
padroni in quanto non si vuole costruire un altro sindacatino più rivendicativo
che sta dentro le compatibilità del sistema, ma quello di fare avanzare la
coscienza di classe dei lavoratori, attraverso le rivendicazioni sindacali che
sempre contengono un elemento politico, per il potere nelle mani degli operai
come unica garanzia e salvaguardia delle conquiste e che solo il programma e la
linea dei cobas per il sindacato di classe portano avanti tra i lavoratori alla
Dalmine come in tutte le fabbriche dove operiamo.
E’ questo l’impegno che ci assumiamo per rafforzare il cobas come
organismo a base di questo percorso, partendo dal fare tesoro delle battaglie
giuste fatte e dagli elementi di autocritica per poter fare meglio le battaglie
future.
Proprio di fronte a questa necessità che il delegato ha messo a nudo
la sua posizione, spirito, prassi, che perdendo di vista l’obbiettivo centrale
finisce col mettere al centro la propria persona e non le responsabilità che
abbiamo assunto di fronte ai lavoratori della dalmine, cadendo nel personalismo
che è proprio l’opposto di mettere al servizio di un piano le proprie qualità
individuali.
PER QUESTO SI COMUNICA A TUTTI I LAVORATORI
CHE SEGHEZZI MASSIMO NON È PIÙ DELEGATO RSU DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO
DI CLASSE.
SI INFORMA QUINDI CHE IL RIFERIMENTO SINDACALE UNICO
DELLO SLAI COBAS DALMINE PER IL SINDACATO DI CLASSE È SEBASTIANO LAMERA 335
5244902 (TELEFONO REPARTO 3008)
PER VERTENZE, ASSISTENZA FISCALE E LEGALE SEDE PROVINCIALE BERGAMO VIA SAN BERNARDINO
24 APERTA GIOVEDÌ ORE 20.30
Slai COBAS
DALMINE per il sindacato di classe cobasdalmine@infinito.it