Da un Avvocato che collabora al lavoro del nostro Sindacato

22.9.2009

Brevi note sulla richiesta di trasformazione di un permesso di soggiorno per giustizia in un permesso soggiorno per lavoro.

Se il permesso è riconducibile all'art. 18 D.Lgs. 286/98 (e cioè: rilasciato dal Procuratore della Repubblica o dai servizi sociali, della durata di 6 mesi, con dicitura "giustizia per motivi umanitari"). In questo caso è possibile iscriversi al centro per l'impiego, lavorare, studiare e ricevere assistenza sociale. Al momento dell'assunzione, lo straniero deve comunicare allo sportello unico l'esistenza del suo contratto di lavoro.

Alla scadenza del permesso di soggiorno, il Procuratore della Repubblica provvede a rinnovarlo per il periodo di vigenza del contratto di lavoro a tempo determinato e, secondo la legge, se lo straniero ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ogni volta che ci sono modiche del contratto di lavoro (proroga, trasformazione, rimodulazione dell'orario di lavoro, licenziamento, dimissioni, ecc), lo straniero deve comunicarlo allo Sportello Unico entro 5 giorni.

 

Il permesso per asilo politico /rifugiato politico dà diritto a lavorare (D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 artt. 23, 25 e 26). Però non è possibile lavorare se si è ancora "in attesa di riconoscimento" dello stato di rifugiato. In quest'ultimo caso in genere il permesso di soggiorno è di breve durata (due/tre mesi).

 

Il diritto al lavoro può essere esercitato dai richiedenti asilo solo dopo sei mesi di permanenza sul territorio nazionale senza che sia intervenuta la decisione sulla domanda di asilo.

L’art. 11 del Decreto legislativo n. 140 del 30 maggio 2005, infatti, prevede che: “Qualora la decisione sulla domanda di asilo non venga adottata entro sei mesi dalla presentazione della domanda ed il ritardo non possa essere attribuito al richiedente asilo, il permesso di soggiorno per richiesta asilo è rinnovato per la durata di sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa fino alla conclusione della procedura di riconoscimento”.

Il cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno per richiesta asilo, pertanto, non può lavorare per i primi 6 mesi. Alla scadenza di tale periodo, senza che sia intervenuta una decisione in merito alla domanda, il richiedente asilo dovrà chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno direttamente in Questura (che ha competenza esclusiva) e non tramite kit postale. In seguito la Questura gli rilascerà un permesso di soggiorno della durata di 6 mesi che consente di svolgere attività lavorativa fino alla conclusione della  procedura  di riconoscimento.

Anche se di fatto ha un permesso di giustizia che doveva, essere revocato dall’Amministrazione con un provvedimento di espulsione, non essendo più in attesa di riconoscimento di status è possibile lavorare, perché è stata fatta espressa rinuncia al ricorso con la lettera del 2008:

ricorre in questi casi non una trasformazione del motivo del permesso ma un rilascio per sopraggiunte condizioni diverse che gli danno titolo ad un permesso di soggiorno per lavoro.

Lart. 5, comma 5, del t. u. n.  286/98 prevede che “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, … sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio…”. 

Pertanto secondo noi una richiesta fatta alla questura di trasformazione del permesso da motivi di giustizia a motivi di lavoro va bene perché per  il sig. ….. che ha inizialmente fatto richiesta di asilo, dopo sono maturati i requisiti per il rilascio, ovvero i nuovi elementi di cui parla il quinto comma dell’art. 5. Nel caso di diniego ci sono gli elementi per fare ricorso.

 

In base a un orientamento giurisprudenziale fatto proprio anche dal TAR Veneto (cfr. Tar Veneto, III, 5 ottobre 2007, n. 3177; id. , 24 luglio 2007, n. 2588; Consiglio di Stato, sez. VI, 5 giugno 2007, n. 2988; id. 22 maggio 2007, 2594; Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 3 ottobre 2007, n. 9717), bisogna tenere conto - ai sensi dell'art. 5, comma 5, del t. u. n.  286/98 - degli elementi sopraggiunti prima della decisione dell'autorità amministrativa, per verificare se sussistano le condizioni per consentire di concludere che requisiti originariamente mancanti risultino successivamente posseduti.
La valutazione sui requisiti richiesti va riferita al momento in cui l'autorità amministrativa si pronuncia, occorrendo tener conto delle condizioni attuali dello straniero (sul punto cfr. Cass. Civ., 3 febbraio 2006, n. 2417).