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LA CAROVANA

BASTA MORTE SUL LAVORO

PASSA PER MARGHERA

LA PRIMA RIUNIONE LUNEDI' 21 aprile h.19 SEDE AEA MARGHERA PIAZZA MUNICIPIO 14 SI E' SVOLTA POSITIVAMENTE CON OLTRE UNA DECINA DI REALTA' RAPPRESENTATE, LA PROSSIMA SI TERRA' il 5 maggio lunedì stessa ora stessa sede L'OPUSCOLO CON GLI ATTI DEL 5 E' IN VIA DI COMPLETAMENTO

L'iniziativa ha avuto un costo, chi volesse sottoscrivere per le nostre scarse finanze lo può fare mediante versamento

ASSEMBLEA DEL 5 APRILE 2008    vai al resoconto dell'Assemblea  

vai a pagina di La voce dei Comitati - Radio Cooperativa con la registrazione di alcuni degli interventi   -   e alla pagina con la registrazione in video di 3 interventi ed una sintesi della iniziativa, degli stessi autori  

entro le prossime due settimane saranno inseriti gli interventi integrali che si sono susseguiti a partire dall'intervento del compagno Melia. Infatti stanno giungendoci i vari interventi (Melia, Primo maggio, Bellotto, Mazzolin) e ci sono anche altre cose da fare. Grazie. Al termine la pagina sarà riprodotta in opuscolo con foto e documenti a cura delle Edizioni Lavoro Liberato)

È riuscita a Marghera sabato 5 aprile 2008 nel tardo pomeriggio, la prima tappa nel veneziano, della MARCIA-CAROVANA per la sicurezza sui posti di lavoro.

È stata una iniziativa significativa, cui hanno partecipato giovani, operai, donne, compagni di realtà di base, militanti e lavoratori di SLAI Cobas per il sindacato di classe a Marghera e Padova, rappresentanti sindacali della FIOM della Tyssen Krupp di Torino, della CGIL di Padova, una folta delegazione della Rete per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro di Ravenna, della Associazione Esposti Amianto e ad altri rischi ambientali della provincia di Venezia, di Medicina Democratica, di Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio di  Bassano del Grappa e Tezze sul Brenta (VI), compagni per un Coordinamento Operaio a Marghera, compagni del Soccorso Popolare Veneto e del Mirese, compagni lavoratori del settore trasporti di Padova, nonché di rappresentanti dei fogli operai Bollettino Operai Auto-Organizzati di Mira e Marghera, Picchetto foglio operaio del nord-est, Pane e le Rose di Padova (Veneto), Primo Maggio di Schio (Veneto-Toscana), Guardare Avanti ! (Veneto-Lombardia).

Erano state invitate ben 15 RSU di Marghera, telefonicamente da un rappresentante dello SPI-CGIL, ma non si sono fatte vedere, anche ma certo non solo per la difficoltà usuale a partecipare ad iniziative del genere nei fine settimana.

La propaganda con volantini ha riguardato 14 fabbriche di Marghera, Mira e Vigonza, e 4 luoghi sociali, oltre ad innumerevoli piccole diffusioni. I manifesti diffusi sono stati circa 330, da Padova a Venezia, da Chioggia a Mira a Tessera, Mestre e Marghera.

È andata in onda su Radio Base Popolare Network di Venezia, una intervista di oltre 20 minuti, mercoledì 2 aprile, e la notizia è stata data anche giovedì 3 aprile su Radio Cooperativa di Padova, e sul quotidiano La Nuova MestreVenezia del sabato stesso.

La scelta dell'ora e del giorno, non proprio felice, è dipesa dalla possibilità che almeno una parte degli operai iscritti a SLAI Cobas per il sindacato di classe, fosse presente, mentre alcune assenze sono state dovute a malattia o malattia di genitori o incombenze familiari, ed altre a turni di lavoro. Infatti il ciclo continuo e la turnazione su 3 turni a settimana piena o con la sola esclusione della domenica, oramai riguarda molte fabbriche anche piccole, essendo spinta al parossismo la produttività e l'utilizzo degli impianti.

Complessivamente oltre 40 compagni e proletari del veneziano e circa 15 compagni-e di altre parti del Veneto e del Nord Italia. Riteniamo il risultato un successo anche se le potenzialità del proletariato (tenuto nel ricatto e nel supersfruttamento dallo stillicidio di attacchi all'occupazione e dalla repressione e “prevenzione” di polizia politica e sezioni corrotte del movimento sindacale) e del movimento dei giovani nel veneziano (diviso in almeno 4 aree di affinità diverse) sono ben superiori. In una situazione di unità dal basso del movimento operaio e proletario riteniamo che avrebbero dovuto essere presenti almeno 200 compagni-e ed attivisti del solo veneziano.

L’assemblea, che si è prolungata per oltre 3 ore e che ha visto una ventina di lavoratori intervenire, ha espresso numerosi punti di vista sui vari aspetti del problema, non ultimi la storia della concertazione in Italia, la precarietà, le colpe di CGIL-CISL-UIL nell’essere così degenerata la situazione, ma ha convenuto su alcuni punti fermi:

·         C’è una volontà criminale dietro gli omicidi sul lavoro, autentici assassinii, ed è quella del profitto ad ogni costo, anche a costo di non rispettare le regole già scritte.

·         Occorre estendere e rafforzare la coscienza e la mobilitazione dei lavoratori su questi temi.

·         Occorre costituire a Marghera, nel veneziano, nel padovano, ed unire a livello veneto, le iniziative della Rete per la sicurezza sui posti di lavoro, organizzata dal basso, e senza pregiudiziale alcuna verso le “sigle” del sindacalismo di base (posizione fatta propria da tutti gli interventi ad esclusione della rivista Primo maggio che ha ripetuto la questione del “dal basso” ma ribadendo la propria concezione sulle “sigle”).

·         In questo senso parteciperemo il 19 aprile ad una iniziativa nel vicentino indetta dalla rivista Primo Maggio. In tale occasione proporremo una formalizzazione della Rete a livello regionale.

·         È per questo convocato un incontro per lunedì 21 aprile alle ore 19 presso la sede AEA di Marghera in Piazza del Municipio 14, per la costituzione della Rete per la sicurezza sui posti di lavoro nel veneziano e padovano.

·         Gli interventi scritti all’assemblea tenutasi oggi, che perverranno a info@slaicobasmarghera.org saranno pubblicati in una nuova edizione dell’opuscolo della Rete stampato per l’occasione dal Bollettino Operai Auto-Organizzati come numero speciale.

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RESOCONTO PROVVISORIO. SI INVITANO I COMPAGNI A CONTRIBUIRE INVIANDO I PROPRI INTERVENTI SCRITTI QUALORA NON SI RICONOSCANO O SI RICONOSCANO SOLO PARZIALMENTE NELLE SINTESI QUI A SEGUIRE

versione 2, correzioni 1, aggiunte 1, 8-4-2008 h.21:31

INTRODUZIONE

Nella breve introduzione abbiamo fatto la storia della nascita di questa Rete per la sicurezza sui posti di lavoro, e rappresentato la situazione che la classe operaia e l'autorganizzazione vivono nel contesto veneziano e di Porto Marghera in particolare, incentrando la iniziativa non solo in funzione della Carovana e della Rete per la sicurezza sui posti di lavoro ma anche nella necessità di rompere la cappa repressiva che perdura a Marghera da 25 anni, una cappa repressiva che non è solo politica ma che parte dalla condizione economica della classe operaia e del proletariato intero.

L'assemblea è stato spiegato si sarebbe tenuta, a parte gli interventi della delegazione giunta dalla Tyssen Krupp, in un ordine di questo genere: prima la rappresentazione della situazione di Porto Marghera attraverso la voce diretta dei lavoratori, quindi gli interventi degli invitati, ed infine il dibattito.

BREVI RELAZIONI DI MILITANTI DI SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE - 1

Il primo intervento è stato tenuto da Giuseppe S., operaio immigrato albanese, da oltre 15 anni in Italia, che lavora all'Aeroporto di Tessera, e che ha rappresentato la situazione della sicurezza in relazione alla precarietà del lavoro negli appalti ed al ricatto continuo che subiscono i lavoratori, e al lavoro di costruzione di vertenze che non mettano a rischio l'occupazione, nella situazione attuale, senza venir meno alla costruzione dal basso dei COBAS. Si sa che negli aeroporti e ferrovie i lavoratori dei servizi interni non hanno un grave rischio di vita, e i problemi dipendono dalla lunghezza degli orari di lavoro e della precarietà, sotto il ricatto. Voglio dire dell’edilizia, avendo lavorato per lunghi anni in questo campo, ed assistito anche a diversi incidenti. Lavoratori che sono morti o feriti per la mancanza assoluta di prevenzione, cadendo dai ponteggi e dai tetti. A Noale ho lavorato nella zincatura a caldo, e molti lavoratori italiani si sono ammalati, e continuavano a lavorare anche da malati; vi avvenivano anche degli incidenti. Gli operai avevano tutti il viso pallido e avevano diverse malattie (lavoravano allo scioglimento dello zinco). Per portare uno stipendio da nulla, uno diventa martire, questa è una guerra, è come una guerra. Quando vivevo in Albania e andavo a scuola pensavo che nel descrivere il capitalismo, il Partito esagerasse per propaganda, mentre non esagerava per niente. Lì non era un paradiso, era un regime dove c’era uno sfruttamento non era stato eliminato completamente, ma qui stiamo arrivando alla schiavitù.

 Il secondo intervento è stato quello di Gianluca Bego, operaio Raffineria ENI R&M di Marghera, e componente del Coordinamento provinciale di SLAI Cobas per il sindacato di classe, che ha spiegato la situazione della sicurezza e delle lotte in materia di posto di lavoro, nello specifico del comparto Petrolchimico a Marghera. Ha iniziato definendosi una vittima del nord-est, avendo lavorato due anni per varie cooperative. Poi ha lavorato degli anni in una tornerai e quindi cinque anni in acciaieria a Padova. Adesso lavoro in Raffineria all’ENI. Soffre di una difficoltà ad unirsi nel lavoro. Infatti lavora con operai di diversi settori nella stessa squadra (un edile, un metalmeccanico, ecc.). La sua azienda, pur facendo sicurezza, e controllando le frequenze ai corsi, dà il premio agli operai se NON ci sono incidenti. Questo cosa comporta: che si va in malattia invece di andare in infortunio !!! Voglio quindi far riflettere su queste cose, che per prendere il premio tutti, i singoli rinunciano a procedere sull’infortunio, ovviamente quando non è grave (pressione ambientale). Quando uno entra in Raffineria, c’è un pannello nel quale si riporta il numero di incidenti che avvengono suddiviso tra le varie ditte che lavorano all’interno; ce n’è poi un altro, che riporta il numero di incidenti avvenuti nei vari stabilimenti Raffinerie dell’ENI in Italia. Tutto serializzato e messo là davanti all’ingresso. Questo porta l’attenzione agli incidenti materiali, ma si nascondono molti aspetti, queste cose le abbiamo scritte in un volantino che è stato molto criticato ma non apertamente (SE CI SI ABITUA), capita per esempio che i filtri delle maschere antigas scadano perché nessuno dei loro utilizzatori li richiede nuovi e l’azienda si guarda bene dal preoccuparsene. Io sono uno dei pochi che chiede i filtri nuovi. Chiedendo sicurezza ci si mette in cattiva luce. Certe cose avvengono anche perché sono pesanti da fare, come mettersi una maschera di plastica antigas alle due del pomeriggio in estate in laguna senza vento, è pesante da sopportare.  L’operaio usa dei trucchi, cerca di stare sopravento, ma mica può andare dietro al vento se questo gira. Quindi la sicurezza anche manca nell’abitudine.  Fare sicurezza significa anche cercare di far capire che certe operazioni di lavoro vanno fatte per bene con tutto il tempo necessario perché se invece le fai velocemente, poi quando vai in pensione, crepi subito dopo.  Vale la pena ?

INTERVENTO DEL COMPAGNO PIGNAROSA DELLA TYSSEN KRUPP - 1

L'intervento del compagno Giovanni Pignarosa della Tyssen Krupp di Torino, della Fiom e RSU. Ha iniziato rapportandosi alle testimonianze dei primi compagni intervenuti. Ha detto che quello che gli è venuto in mente subito dopo è che la conseguenza del sessantotto oggigiorno è che quelli che lo hanno fatto il sessantotto sono diventati dei mostri, che adesso stanno nella stanza dei bottoni e che svolgono innanzitutto il ruolo di mettere sotto i piedi i lavoratori. Sono corresponsabili di tutti i morti che stanno avvenendo. Quando Gianluca ha portato l’esempio della necessità di dare nozioni di sicurezza agli altri, per i padroni lui è uno che sobilla il personale, per esempio a proposito delle maschere antigas, va detto che in quelle lavorazioni si fa largo uso di misture di acidi poco diluite, e che l’uso delle maschere che prendono tutto il viso è assolutamente necessario in quei reparti e fuori dai reparti sono necessarie le mascherine. Capireparto che ti ridono in faccia perché hai chiesto la mascherina, è allucinante.  Si è quindi soffermato sulla necessità della unità tra i lavoratori per affrontare questo problema, dato che si è rotto con l’egualitarismo salariale e si è introdotta una forte diversificazione contrattuale tra i diversi comparti produttivi [con il consenso dei sindacati confederali che in tal modo hanno cercato di sopperire minimamente sul particolare in cambio di concessioni specifiche, rispetto al mantenimento di diversi livelli salariali in base ai rapporti di forza storici, ndr] si sono prodotte molte diverse sotto-classi di lavoratori.  Si è introdotta infatti la concezione come fosse normale, che siamo “diversi” gli uni dagli altri solo perché lui è impiegato, io sono operaio, lui è professore, ecc.. Siamo tutti lavoratori. Quindi quando scendiamo in piazza, non ci nascondiamo dietro alle bandiere, al settore di appartenenza. Stiamo uniti. Cerchiamo di far capire a questa gente che 1.360 persone che muoiono sul posto di lavoro in un anno non sono accettabili. Il compagno ha poi raccontato la sua esperienza diretta perché era alla Tyssen la sera della strage. Dieci minuti prima aveva parlato con un suo compagno di lavoro e dieci minuti dopo quello era un corpo carbonizzato. In questo periodo avendo partecipato a moltissime discussioni e ho avuto modo di conoscere un sacco di persone, politici, medici. L’85% di queste persone non sanno di che cosa parlano. La gente non sa di che cosa parla. In Italia c’è oggi una tendenza a risolvere individualmente i problemi accettando ciò che ci impone il datore di lavoro. Questo non va bene. Da quando è iniziata la nuova guerra in Iraq sono morti 4.000 soldati occidentali, e solo in Italia, oltre 8.000. Qua siamo fuori da ogni limite, da tutte le regole pensabili. E dobbiamo sentirci Montezemolo che si lamenta per la legge 123/2007, che lui chiama una legge capestro per gli imprenditori. E la legge 30/2002, chiamiamola con il suo nome, non legge Biagi, che cos’è, è un modo per stringere la corda intorno al collo degli operai e dei lavoratori in generale. Un ragazzo che in 5 anni subisce un lavaggio cerebrale fatto di contratti e contrattini, quando in una fabbrica si cerca di bloccare tutto, sarà il primo a non fermarsi, a dire ma no, lascia perdere, e a presentarsi al lavoro. Di fronte alla decisione di fare bordello di fronte ad una prospettata chiusura, ci sono lavoratori che avanzano la propria situazione personale e la possibilità dopo di ottenere il contratto a tempo indeterminato con la mobilità, questa è la situazione. Facendo il delegato per difendere gli interessi di tutti, ci si deve mettere contro le esigenze di questi lavoratori. Grazie alla legge 30. In particolare modo se hai moglie e figli e un contratto a tempo determinato ci pensi due volte prima di fare sciopero. In più vi posso dire una cosa, state parlando con uno che è stato chiamato dall’azienda uno che fa terrorismo psicologico verso i propri colleghi di lavoro. Questa come si suol dire è la ciliegina sulla torta Mi chiamavano così perché dicevo ai ragazzi in fabbrica guardate che c’è pericolo. Penso ai ragazzi delle scuole, che lavoreranno un domani. Perché non portare la sicurezza sul lavoro tra le materie di scuola ?  Dobbiamo partire dalla base, perché le fondamenta della società sono marce ed occorre rinnovare tutto. Molti che hanno fatto il sessantotto oggi portano avanti idee invece che va tutto bene con la flessibilità. Bei pezzi di merda. Avete fatto il sessantotto, ci sono stati quei morti per avere la legge 300 (Statuto dei lavoratori) e oggi che fate, non potete eliminarla, perché sarebbe una contraddizione, allora cercate di ovviarla. Ecco la legge 30. Ecco che cercavano di togliere la legge 18. L’hanno aggirata. La cultura dobbiamo crearla facendola partire dalle elementari. Se poi le cose fra altri 10 anni non andranno ancora un po’ meglio sarà perché siamo italiani.  Ma lo dobbiamo fare. Non possiamo dire poi che ci potevamo provare. Ma senza le divisioni delle bandiere sindacali diverse. No cari signori. Anche perché queste grosse organizzazioni sindacali in realtà comprimono le idee e la libertà dei lavoratori. Anche a me cercano di tenermi zitto. Poi adesso hanno lasciato che queste multinazionali vengono nel nostro paese a speculare, comprano e poi chiudono. Vedi gli 8 siti siderurgici Tyssen Krupp, che adesso ce n’è solo uno. Una autentica speculazione che nasconde una guerra di concorrenza e di subordinazione dell’Italia alle multinazionali.

Il problema non è di far capire a chi ci governa le cose che viviamo, ma di mandarli a casa. Questi signori la loro storia la hanno fatta adesso occorre un giro di pagina.

DIALOGO TRA DUE GENERAZIONI

L'intervento ha avuto un primo momento di dibattito con il confronto in diretta del relatore con il compagno Franco Bellotto presidente AEA di Venezia che gli ha rivolto la domanda: “Ti sei accorto di queste cose dopo la strage che è avvenuta o da prima ?” .

Pignarosa ha risposto: Queste cose le sapevo da prima perché poi in Italia abbiamo una grossa pecca, che veniamo a sapere la verità a distanza di 25 anni, ogni 25 anni veniamo a sapere la verità su quello che accade nel nostro paese. Ora io a 38 anni già mi ero reso conto di dove vivevo, da chi ci amministrava, da come ci amministrava, però sai cos’è, che quando vivi in una realtà, fai sì di trincerarti su quelli che sono i tuoi problemi, poi quando vai fuori a manifestare, le cose escono fuori. In questo periodo per esempio in tanti dibattiti le cose poi sono venute fuori, anche se c’è stato chi come Vespa che ha cercato di tagliare le cose che dicevo.

Franco: E’ un problema di sistema insomma. Sono sessant’anni che va avanti in questo modo e non cambia niente.

Giovanni: Ma il sistema, in Italia se vogliamo la realtà la possiamo cambiare. C’era qualcuno che molto tempo prima di me e forse anche di te l’ha detto parecchio tempo fa che “Volere è potere”.

Franco: Sto parlando del '63-'64. Nel caso della legge Biagi, perché non la chiamano con il nome del suo autentico estensore, il deputato tuttora parlamentare di Forza Italia, Meconi ?

Giovanni: Infatti poi a distanza di 25 anni sapremo l’omicidio Biagi avevano bisogno di un martire per far sì che passasse questa legge senza alcun discorso. Perché dico 25 anni perché ci siamo resi conto cos’è stato l’omicidio Moro. E tra 25 anni verremo a sapere perché è stato ucciso Moro.

BREVI RELAZIONI DI MILITANTI DI SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE - 2

Paolo Dorigo: Volevamo arrivare alla fine alle conclusioni dell’assemblea, invece ci siamo arrivati prima. Riprendiamo comunque con la situazione di Marghera e di altre realtà in cui operiamo.

E' seguita una breve rappresentazione del caso di Luigi Shpati, presente l'operaio carpentiere immigrato albanese degli appalti della Fincantieri di Marghera, due volte gravemente infortunato in Italia (una volta per due mesi una volta per un anno, riportando invalidità al 30% al braccio e spalla sinistra),  per il quale ci si è mobilitati allo scopo di impedire il suo trasferimento, avanzato dall’azienda di appalti dopo che Luigi aveva iniziato la causa di risarcimento, e che era peraltro illegale essendo invalido, ultracinquantenne e padre di una bambina, trasferimento che il padrone voleva imporgli senza peraltro alcuna garanzia, dopo che Luigi aveva intrapreso causa civile di risarcimento. Si è citato il caso di Castellano, che ha avuto un grande risarcimento ma che sta aspettando il pagamento da Fincantieri.

E' intervenuto quindi Jbeaduchi O., operaio immigrato e pastore evangelista nigeriano della Bica spa di Candiana (PD), ha spiegato come si è svolto l'incidente nello stabilimento metalmeccanico di produzione di sedie a sdraio e di vario genere in plastica a struttura metallica, che gli ha causato una certa invalidità al piede, e che al momento, è stato per lui molto doloroso essendo rimasto disteso a terra con il piede sotto la ruota di un muletto, per circa 45 minuti. Ha spiegato la situazione nella sua azienda, e di come sta lavorando per la costruzione di Cobas per il sindacato di classe nella sua realtà. Ha spiegato anche che alla Bica se uno è iscritto ad un sindacato, non ha diritto di fare gli straordinari.

Paolo Dorigo: Questa è una realtà di quelle che vengono nascoste dietro il mito del Nord-Est. Nel recente incontro organizzato dal PdCI a Mestre su questo problema, il rappresentante dello SPISAL diceva che nella provincia di Venezia ci sono 20.000 incidenti sul lavoro di cui, 6 al giorno sono gravi, ma nei giornali locali non si dà notizia di 6 incidenti gravi al giorno. Veniamo al caso del recente gravissimo incidente intercorso ad una rappresentante CISL nella RSU della Kelemata di Martellago (VE), dove l'uscita attraverso una porta non utilizzata normalmente dalla lavoratrice, la ha posta direttamente sulla traiettoria di un muletto, che a dire di un rappresentante UIL che si è occupato della vicenda, percorreva un percorso apposito, e di conseguenza la responsabilità nell'accaduto, dell'azienda, dato che il percorso del muletto era contiguo ad una porta di un capannone. La 626 prevede percorsi in sicurezza per i muletti, e queste cose avvengono anche troppo spesso (come recentemente all'Alcoa). Anche in questo caso, come riferitomi anche da rappresentanti RSU Fiom della Fincantieri, l’azienda non dà immediatamente notizia a RLS ed RSU degli incidenti, ed anche in questo caso ha fatto in modo di nascondere alcuni aspetti.

E' intervenuto anche il compagno Stefano, operaio specializzato (lavoro su controllo numerico) dal 2001 della Sirma di Marghera, che oltre a rappresentare la situazione creatasi dopo la messa in liquidazione della nota fabbrica di estrusi, calcestruzzi, ecc., fabbrica che ha da sempre espresso una grande combattività ed ha anche avuto momenti di importante solidarietà di classe, ha spiegato la situazione dello stabilimento in materia di sicurezza. Da noi dire della sicurezza, non c’è mai stata, muletti senza sicurezza, batterie aperte, c’è acido dappertutto. Usiamo delle resine fenolitiche e non abbiamo la possibilità di usare delle mascherine adeguate. Abbiamo lavorato anche a rischio di crolli. Secondo noi vogliono chiudere la Sirma perché è a pezzi e non vogliono rimodernarla.

Gianluca Quando ho vissuto la chiusura del settore del caprolattame al Petrolchimico nel 2002 e anche lì era la stessa storia. Aprofitto per dire della assemblea cui ho partecipato a Novara con un lavoratore della Tyssen ed uno delle Ferrovie, abbiamo portato ai ragazzi della scuola dove siamo intervenuti, il concetto che la sicurezza bisogna esigerla perché non è certo il padrone a dartela. 

Riprende Stefano: Circa il problema delle polveri fini, mi ero rivolto a un dirigente CGIL, andando a parlare con lui insieme con un mio parente anch’egli sindacalista, ma non ne è seguito niente. I controlli periodici, poi, che vengono fatti in Sirma, sono tutti fasulli. Vengono falsati i dati. Ha poi parlato del suo problema personale, in relazione a forme croniche di lombagia intercorse dopo che è stato spostato in forma "punitiva" a mansioni più pesanti e meno retribuite in termini salariali di quanto non gli spettasse in precedenza per anni di lavoro maggiormente specializzato.

RELAZIONI

A questo punto è stata data la parola al compagno Domenico Melia. oggi lavoratore della scuola, in passato operaio Fincantieri e componente il direttivo FIOM di Venezia, e consigliere circoscrizionale del PRC. La sua relazione è stata molto impegnata e verrà pubblicata integralmente appena la riceveremo, tendente ad approfondire alcuni argomenti in maniera complessiva. In particolare, circa la legge 123, si vorrebbe che portasse ad un eliminazione della 626; la necessità di regole morali nel movimento dei lavoratori, atte anche ad ostacolare il più possibile gli omicidi sul lavoro; il fatto che gli incidenti sul lavoro siano degli omicidi legalizzati, la necessità di trasformare in battaglia politica la battaglia per la sicurezza sui posti di lavoro; la necessità non di centralizzare, ma di decentralizzare le iniziative di lotta in materia (riferito alla Rete).

Il compagno Gino Bortolozzo, operaio sin dal 1975, oggi alla Rossimoda di Vigonza, del direttivo provinciale FILT CGIL di Padova, della redazione di Pane e le rose, ha svolto la sua relazione rifacendo la storia dei percorsi sia politici che sindacali che hanno portato il nostro paese alla situazione attuale. Dalla conferenza dell'EUR del 1977 alla “marcia dei 40.000” quadri schierati dal padronato contro l'intero movimento dei lavoratori e gli interessi generali del popolo e del proletariato, a difendere i propri interessi corporativi di categoria servile e legata agli interessi degli sfruttatori, al blocco della scala mobile (accordo di San Valentino, fino al referendum del 1985), accordo fondante la concertazione, del 23 luglio 1992 definito poi nel luglio 1993, sino alla attuale situazione di compressione salariale, di regali ai padroni ed agli speculatori (sgravio fiscale del 5%, 7 od 8 miliardi di euro sottratti ai servizi sociali)m ed al nodo delle pensioni. La necessità dell'unità dal basso e della lotta più intransigente, e la disponibilità alla mobilitazione contro questa degenerazione e contro le sue cause. Il compagno può inviarci la sua relazione e la pubblicheremo integralmente.

A questo punto è intervenuto nuovamente il compagno Giovanni Pignarosa a sottolineare che l'adesione alla FIOM non significa l'adesione alla politica concertativa di CGIL-CISL-UIL imposta a livello nazionale a tutte le realtà di base.

L'intervento di Luciano Mazzolin, impiegato dal 1974 al 2004 al Petrolchimico di Marghera, del direttivo AEA di Venezia, già consigliere provinciale dei Verdi, partecipe a Medicina democratica, al movimento NOMOSE, ai movimenti che a Venezia stanno contrastando l'arrivo delle grandi navi in laguna, partecipe ai movimenti che hanno portato poi al processo CVM sui 154 morti del Petrolchimico per questa sostanza, ha iniziato affermando che occorre Ricominciare da Zero a partire dall'Autorganizzazione. Ha affrontato la questione della perdita dei diritti in generale e dei lavoratori in particolare, ha ricordato la questione del sapere operaio che era una conquista degli anni '70 e che è venuta sempre meno con la precarizzazione dei rapporti di lavoro. Ha ricordato che il CVM è solo una delle otto sostanze cancerogene prodotte al Petrolchimico, e che solo su questo, a parte l'amianto, è stato oggetto di processi. Ha ricordato la presa di posizione dei cittadini sulla questione del fosgene (referendum del Comune con il 35% di votanti che si sono espressi al 75% per la chiusura dei reparti) e su questo punto, l'unico critico dato il movimento di lotta degli operai chimici degli ultimi anni (dopo il piano generale accordo per la chimica del 1998 che solo nel 2008 ha portato al bilanciamento pvc-cvm per evitare perdite e fughe), non vi sono state polemiche. Nel suo intervento Luciano ha portato i numeri dell'inquinamento del Petrolchimico sul territorio lungo gli ultimi decenni, citando le cifre (550 miliardi di vecchie lire alle amministrazioni locali e 63 miliardi di vecchie lire alle famiglie di operai deceduti). Il suo contributo sarà pubblicato integralmente appena ci perverrà.

Franco Bellotto, operaio del Petrolchimico dal 1957, partecipe ai movimenti di lotta del '68 del primo Comitato Operaio della Petrolchimica, poi alla Assemblea Autonoma di Porto Marghera, alla rivista Lavoro zero e Controlavoro, al secondo Comitato Operaio del Petrolchimico (1978-1981), quindi alle successive lotte sino all'ingiusta carcerazione di alcuni mesi, che permise alla Montedison di lasciarlo a casa retribuito, per oltre 10 anni, senza permettergli di lavorare perché indesiderato ai bonzi sindacali della triplice, quindi fondatore della AEA di Venezia nel 1992, ha parlato senza mezzi termini della gravità della situazione e del contrasto enorme portato da CGIL-CISL-UIL allo sviluppo delle lotte dal basso e di conseguenza alle loro responsabilità verso l'attuale situazione, che non produce incidenti, ma assassinii, omicidi veri e propri quali sono gli incidenti sul lavoro, del tutto prevedibili a fronte delle condizioni di lavoro. Sin dal 2 marzo1981 i confederali hanno fatto da accompagnamento alla morte della classe operaia dei chimici a Marghera, che aveva espresso una fortissima conflittualità e maturità nello scontro sociale sin dal 1967; si è partiti con 616 cassintegrati con l’accordo della triplice, 616 che poi sono diventati 1.600, portando il Petrolchimico e altri stabilimenti Montedison da oltre 20.000 lavoratori diretti ai 1.000 diretti (più 4.000 alle bonifiche) di oggi.  L'intervento a quel punto ha subito una breve interruzione di Pignarosa che riferiva la colpa della situazione anche all'utilizzo della manipolazione ideologica dei lavoratori. La questione è stata composta dal compagno Dorigo che ha chiarito che i due aspetti (dominio psicologico e brutalità dei rapporti sociali) sono i due lati della stessa medaglia, ricordando i 180 e più morti suicidi tra i cassintegrati della Fiat nel 1982-1983.

La relazione di Enzo Diano della Rete per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro di Ravenna ha precisato la natura unitaria della Rete e quindi il non proporsi in quella sede in relazione al suo ruolo in SLAI Cobas per il sindacato di classe. Ha chiarito che la Marcia è una iniziativa di lotte e non solo di assemblee, ricordando l'occupazione della INTEMPO avvenuta a Ravenna il mese scorso, e costata varie denunce. Ha portato avanti la chiarificazione che questo problema della sicurezza sui posti di lavoro è problema di guerra di classe, è una guerra quella che costa morti e che ogni giorno produce enormi costi e difficoltà ai proletari, ed è solo misurandosi con questa guerra nei confronti del padronato, che si può invertire la situazione. Il compagno ha proposto di terminare l'assemblea con un appello alla costruzione ed estensione della Rete. Il compagno può inviarci un intervento integrale ed in ogni caso rimandiamo ai documenti della Rete di Ravenna, pubblicati in bastamortesullavoro@domeus.it .

Emilio Vian, operaio della Breda e poi Fincantieri negli anni '70 ed inizio anni '80, poi operaio anche marittimo in vari comparti, del Soccorso Popolare del Mirese, e del direttivo regionale pensionati CGIL, militante anche dell'ANPI, si è riconosciuto nei motivi della iniziativa e nella necessità di uno sviluppo unitario dal basso della lotta per la sicurezza, fatta anche di impegni specifici (mappe di rischio, inchiesta operaia), e ha sottolineato che è fondamentale ricordare che il ruolo di avanguardia sono le masse a riconoscerlo ai compagni. Ha parlato del sindacato come era negli anni '50, con il sangue sulle strade versato da operai e contadini, e del sindacato che non vuole oggi, delle cose in cui non si riconosce, delle pressioni interne al sindacato a contenere l'espressione delle giuste idee di rivolta. Il compagno può inviarci la sua relazione che pubblicheremo integralmente.

A questo punto l'iniziativa è passata alla fase del dibattito aperto al pubblico ed alle realtà presenti che non avevano dato preventiva comunicazione della loro presenza.

DIBATTITO

L'intervento della redazione della rivista operaia Primo Maggio (Veneto-Toscana), è iniziato con la adesione alla Rete nazionale e la spiegazione della iniziativa di Schio del 1 marzo, molto partecipata. Ha avanzato l'argomento delle responsabilità che ci sono e che vanno affrontate, nell'arretramento del movimento operaio, ed ha portato l'esempio della lotta degli operai dell'ex Arsenale (officine Grandi Lavorazioni). Il volantino distribuito ai presenti propone l'iniziativa del 19 aprile a Vicenza sui rifiuti tossici e nocivi in un quartiere popolare della città.

L'intervento del compagno Alessandro lavoratore dipendente del settore trasporti a Padova si è svolto dando lettura di un volantino per l'autorganizzazione nel settore, e si è ripetutamente soffermato sul tradimento che hanno subito i lavoratori da parte della CGIL, cui era iscritto.

L'intervento del compagno Luciano Orio del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di luoghi di lavoro e nel territorio di Bassano del Grappa e Tezze sul Brenta (VI) non si è limitato a dare spiegazione della lotta portata avanti sulla esposizione amianto dei lavoratori dal Comitato da lui costituito, né a schierarsi a favore della unitarietà dei fronti di lotta che sulle varie questioni si vanno determinando, ma ha anche chiesto spiegazioni ai compagni della Tyssen Krupp presenti, circa le 14 ore di lavoro continuativo, che sono all'origine della strage avvenuta. La risposta della delegazione dei lavoratori della Tyssen Krupp è stata che si trattava non di 14 ore ma di 16, e che la RSU non era affatto a conoscenza di questi accordi presi da lavoratori con l'azienda. Si è anche ricordato che di 8 stabilimenti acciaierie comperati da Tyssen Krupp in Italia ne rimane solo uno a Terni, essendo tutti stati chiusi, e che secondo lui quello di Terni ha gli anni contati.

Sul punto del patrimonio industriale dismesso, il compagno Dorigo ha ricordato un intervento all'interno delle assemblee dei chimici del 2006, nel quale si citava un articolo del codice civile sugli impianti di interesse nazionale e pubblico. Il compagno sul punto dell'orario prolungato, nel portare i saluti di due lavoratori, uno da poco licenziato, ed uno che subisce mobbing (lavora da solo in un capannone), all'interno del Porto di Venezia, ha portato l'esempio del primo di questi due, che, assunto da una nota interinale, veniva chiamato a lavorare anche a giorni alterni con 24 ore continue.

L'intervento successivo è stato quello del compagno Luciano della Hiar Italia (ex settore agricolo della Enichem di Ravenna) che è venuto in delegazione da Ravenna con i compagni della Rete per la sicurezza sui posti di lavoro. Si è soffermato sul suo rifiuto degli straordinari e sulla legislazione che impedirebbe di fare più di 8 + 2 ore di lavoro continuativo, e sui trucchetti delle pause per scavalcare la normativa.

L'assemblea si è chiusa con l'intervento di un lavoratore delle bonifiche, meridionale, Ferdinando, il quale ha rappresentato bene la realtà di repressione vissuta da moltissimi lavoratori che non ci stanno alle mediazioni sbagliate.

Tutti gli interventi hanno menzionato tra le cause principali del problema la politica concertativa di CGIL-CISL-UIL e la precarizzazione.

L'ora tarda ha impedito di fare un intervento conclusivo al compagno Dorigo. Quello che gli premeva di dire, e che qui riporta, è che la colpa principale della situazione riguarda sì le responsabilità di chi ha tradito, ma anche il fatto che nel movimento proletario e rivoluzionario non si è saputo far pervalere la linea di massa sulle spinte soggettive e sulle divisioni. Secondariamente il compagno voleva chiarire la nostra posizione sul protocollo Treu, che è prodromo della legge Biagi, e che va combattuto anch’esso, occorre abolire tutte le nefaste decisioni prese dalla società della concertazione, che è solo un rinverdimento della nefasta società della solidarietà nazionale. All'interno del dibattito il compagno aveva anche citato

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Gli organizzatori della assemblea del 5 aprile.