SLAI Cobas per il sindacato di classe

coordinamento provinciale costitutivo di Treviso - relazione pubblica - 23 luglio 2010 - 2nd release 11-11-2010

IL CASO DAMIANI - TECNOLOGIA E SFRUTTAMENTO

a) SEI NIGERIANA E TI SEI SPOSATA ? TI LICENZIO !

b) IL GIOCO DELL'ASSEMBLAGGIO, IL GIOCO DELL'APPRENDISTATO

Nei mesi scorsi si è avuta una estensione della ns.presenza nella provincia di Treviso. Nell'ambito di questo processo, che prosegue tra molti ostacoli e difficoltà, ma che è praticamente una scelta obbligata di quei proletari in particolare immigrati che, cercando una organizzazione sindacale, cercano qualcuno che non li freghi e che dia loro la possibilità di essere attori della propria vita lavorativa, ci trovano, nonostante la pochezza dei nostri mezzi e la limitata diffusione dei nostri volantini e locandine nel trevigiano.

In questa situazione, siamo venuti in rapporto con alcune lavoratrici di due aziende collegate, operative nella stessa sede, e rifacentesi alla stessa proprietà, la Damiani e Zara e la Damiani Laboratorio, due aziende di assemblaggio di microchip e componenti elettronici su schede madri destinate alle aziende che possiedono i marchi di prodotti dvd, lettori, televisori, ecc.

Una realtà tecnologicamente di medio livello, comprendente lavoro in linea ma anche a banco, però come dimensioni e "gestione", rifacentesi ad un "modello veneto" improntato familiarmente, che purtroppo ben conosciamo.

Le due vertenze iniziate riguardano due lavoratrici nigeriane. La prima, di ritorno dal matrimonio (congedo di 15 giorni), dopo quasi due anni di lavoro,  si è vista licenziata in tronco. Aperta la vertenza alla fine di aprile di quest'anno dopo la revoca da parte della lavoratrice del mandato a Cgil (che non gli aveva dato alcuna notizia sul prosieguo della vertenza dopo oltre un mese), con la sua seconda impugnazione del licenziamento e la richiesta di differenze retributive viste le scorrettezze economicamente rilevanti, presenti nelle buste paga delle lavoratrici, si è giunti all'inizio di luglio all'accordo con un ns.legale incaricato, di reintegro e corresponsione delle mensilità perdute. Il reintegro è avvenutoe sucessivamente anche la corresponsione economica. Tuttavia il clima al rientro non era da festa, siamo venuti a sapere da altre sue compagne di lavoro, che il clima con i capi che controllano entrambi i processi produttivi, è più teso, ecc.

Nel caso della seconda di queste lavoratrici, si è contestato immediatamente l'inquadramento contrattuale. Assunta come apprendista, tentano di giustificare questa irregolare e non conforme al vero, decisione di inquadramento, con periodiche contestazioni. In passato, la lavoratrice non si era rivolta a nessuno, ed aveva quindi avuto alcune contestazioni disciplinari e sanzioni non impugnate. La lavoratrice in questione, lavorava al banco e in linea, sia in una che nell'altra azienda, facendo le stesse cose delle altre, e certo non più lentamente di loro, tuttavia, inquadrata com'è, il suo salario arriva raramente agli 800 e rotti euro, pur lavorando ad orario pieno. Si è contestata sia la natura dell'inquadramento, sia le numerose scorrettezze economicamente rilevanti, utilizzate nelle buste paga, con una richiesta di differenze retributive per oltre 3 anni di rapporto di lavoro, di oltre dieci mila euro, chiedendo anche l'inquadramento come operaia allo stesso livello delle sue compagne. Tra l'altro alla lavoratrice non era stato dato un "tutor", non aveva un libretto tipo Confartigianato ecc., dell'apprendistato, con i corsi svolti, timbri e firme, ecc.. Lavorava autonomamente. La richiesta di vertenza noi la si era mandata ad aprile alla DPL di Treviso, ed arriva a giugno, con fissazione di udienza a luglio, alla Azienda. Ecco subito, appena avuta notizia di questa cosa, che alla metà di giugno avviene una "gabala". Durante il montaggio di una commessa di schede, viene fermata dal capo la attività della lavoratrice e di altre, affermando che il chip che si stava montando era un'altro rispetto agli ordini di produzione. I due chip, visti in internet, sono quasi uguali, (vedasi schede tecniche in pdf, A     e B), però è evidente che le cassettine con i codici e il materiale da assemblare sono operazioni lavorative comunque sotto la responsabilità dei capi. Fermata la produzione, era stata poi la titolare a dare il via che si continuasse pure. Questi fatti erano avvenuti verbalmente a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro. Per cui il lavoro era ripreso e la commessa consegnata il 16 giugno. Dopo oltre un mese dalla consegna, il 19 luglio, contestazione disciplinare di aver sbagliato a montare 800 chip ! Evidentemente intenzionati ad un licenziamento in tronco, l'azienda articolava altre 6 contestazioni disciplinari distribuite tutte e 7 nell'arco di due settimane, il 8 luglio una, il 14 tre, il 19 altre tre. Successivamente con il ns.intervento le sanzioni disciplinari venivano confermate in presenza di ritardata consegna di certificato medico, ed altro, ma in una quantificazione estremamente diversa: da 12 gg di sospensione e 3 ore di multa, a 2 gg di sospensione e 3 ore di multa, con l'annullamento di 2 delle 6 sanzioni. Praticamente impossibile ipotizzare una azione sindacale collettiva. Una azienda che ha assunto personale di molteplici nazioni, e che governa il processo "a bacchetta".

La difficoltà di organizzare un Cobas in una realtà lavorativa piccola come questa, che complessivamente vede circa 25 persone tra dipendenti e capi, non ha sinora impedito di sperimentare una vertenza di tipo avanzato (specie la questione dell'apprendistato ed i tentativi aziendali di far passare la lavoratrice per impreparata), che mette in discussione il falso modello bonario "veneto".

Un modello razzista, perché l'assunzione ed "inglobamento" nelle Aziende, dei lavoratori immigrati, in questo caso nigeriani, ma un po' di tutte le nazionalità, viene attuata dalle Aziende, specie dove non ci sono sindacati né Rsa come in queste due aziende, senza alcun riguardo a che questi lavoratori sappiano anche solo LEGGERE le pagine che vengono loro messe sotto il naso per la firma.

Nelle pieghe della precarizzazione e del razzismo, quelle modalità "irregolari" che sono "scienza" di molti esperti di contabilità aziendale e di paghe, traggono origine essenzialmente, nel caso dei lavoratori immigrati, dalla mancanza di una gestione della questione delle ferie. Questo è il vero asso nella manica del padronato, e Cgil cisl uil, così abili nel prevedere di tutto e di più per i padroni, si sono "dimenticati" da 20 anni a questa parte, un vero ventennio, della necessità per i lavoratori immigrati di recarsi in ferie nel proprio paese, e ovviamente, di non farlo ad agosto: il mondo è vario. Questa diviene una arma di ricatto, e come mai Cgil, così promossa quasi fosse una Istituzione, dagli SUI, ecc.ecc., agli immigrati, non ha pensato a questo PROBLEMINO ?

Contro questa tendenza il sindacalismo di base e di classe deve opporre l'unità nella costruzione del Sindacato di classe del proletariato, senza alcuna vergogna (noi non ne abbiamo mai avuta) di questa parola e condizione, condizione che si può superare solo con la lotta di classe, e non con i passaggi individuali da proletari o piccolo-borghesi, a reggenti di piccole realtà di sfruttamento camuffate dietro la tecnologia e la virtualità. Perché la vita è materiale, non è virtuale.