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Roma - L’occupazione abusiva di una casa popolare non
costituisce reato se chi la compie agisce perché spinto da uno stato di reale e
grave indigenza. L’occupazione si configura come una sorta di «legittima
difesa». La Cassazione emette una sentenza destinata a sollevare un polverone,
rimettendo in qualche modo in discussione norme di diritto
acquisite anche se con questa decisione non appare sancito il diritto
all’occupazione ma solo il diritto, se poveri, a non essere condannati
penalmente. La Suprema Corte infatti ha annullato con
rinvio la condanna per occupazione abusiva di una casa dello Iacp a una donna di 39 anni, Giuseppa
D.A. Donna che viveva sola e con figlio minore a
carico.
Prima il tribunale e poi
la Corte d’Appello avevano invece condannato la donna
a pagare 600 euro di multa per quell’occupazione
abusiva. La donna ha deciso di ricorrere in Cassazione e i giudici della
Seconda sezione penale di Piazza Cavour hanno accolto il rilievo della donna. Giuseppa contestava il fatto che
non fosse stato tenuto conto delle sue condizioni di indigenza che non le
lasciavano «alcuna possibilità di rivolgersi al mercato libero degli alloggi».
Ai giudici di Cassazione poi la donna faceva notare che né in primo né in
secondo grado era stato preso in considerazione il fatto che aveva agito «in
stato di necessità» con riferimento «al diritto all’abitazione e al diritto
alla salvaguardia della salute sua e di suo figlio».
I giudici della Suprema
Corte hanno quindi deciso di tenere conto di questi elementi e hanno ritenuto
che il reclamo della donna fosse fondato.
«Rientrano nel concetto
di danno grave alla persona non solo la lesione della vita o dell’integrità
fisica ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti
fondamentali della persona: pertanto, rientrano in tale previsione anche quelle
situazioni che minacciano solo indirettamente l’integrità fisica in quanto si riferiscono alla sfera dei beni primari
collegati alla personalità, tra i quali deve essere ricompreso
il diritto all’abitazione in quanto l’esigenza di un alloggio rientra fra i
bisogni primari della persona».
Adesso conclude
la Cassazione toccherà ai giudici della Corte d’Appello svolgere una «più
attenta e penetrante indagine giudiziaria» per capire se effettivamente lo
stato di povertà della donna giustificava l’occupazione.
La sentenza comunque non avalla un
diritto all’occupazione in caso di necessità, come sottolinea ad esempio Confedilizia. La Corte di Cassazione non ha
sancito «nessun particolare principio» dice il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani,
aggiungendo che l’unico concetto stabilito dai giudici è che «lo stato di
necessità può essere un’esimente» in casi come questo. E la Cassazione , conclude il presidente, ha rinviato alle corti il caso
per la verifica della sussistenza di tale esimente.
giovedì 27 settembre 2007
Il Giornale
La
sentenza della Cassazione provoca una bufera e suscita reazioni opposte. Favorevoli da parte del centrosinistra e soprattutto della sinistra
radicale che tende pure a forzarne il significato, sostenendo che con questa
pronuncia si sancirebbe un generico diritto all’occupazione per i meno abbienti.
Decisamente contrari i rappresentanti della Casa delle
Libertà che parlano invece di una sentenza che «tutela l’illegalità».
Evidente l’intento di rendere politica la sentenza da parte del
ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero che
sottolinea come a questo punto risulti «evidente che
il diritto primario all’abitazione non può certo ritenersi subordinato al
diritto di proprietà». Per il ministro questa sentenza «fissa un punto fermo di
grande civiltà nei diritti sociali delle persone» . Di
tutto questo, conclude Ferrero
«la Finanziaria dovrà tenere conto, definendo le risorse per un nuovo piano
casa».
Spinge ancora più a fondo il pedale Francesco Caruso di Rifondazione.
«Da anni ribadiamo nelle piazze di tutt’Italia
che occupare una casa è un diritto, non un reato. Oggi la Cassazione conferma quest’elementare principio democratico: un tetto non è un
privilegio, ma un diritto fondamentale che travalica gli interessi economici
degli speculatori immobiliari che lucrano sul diritto all’abitare». Il ministro
per le politiche della famiglia, Rosy Bindi, osserva
che «la sentenza della Corte di Cassazione conferma una volta di più che il
diritto alla casa è un diritto fondamentale della persona» assicurando che il
governo è «consapevole di questo disagio». D’accordo anche il sottosegretario
all’Economia, Paolo Cento dei Verdi: quella della Cassazione, dice «è una
sentenza di civiltà: l’occupazione di immobili
abbandonati o utilizzati a fini
speculativi è stato uno strumento di denuncia con cui i movimenti per la casa
hanno tentato di dare risposte in assenza dello Stato».
Di tutt’altro segno i commenti del
centrodestra. «Occupare abusivamente case è un reato grave, e la sentenza crea
un pericolosissimo precedente, istiga all’illegalità ed è un
offesa per i cittadini onesti schiacciati dal caro affitto che non si
sognerebbero mai di occupare illegalmente un edificio», dice il vice presidente
dei deputati di Forza Italia Isabella Bertolini.
Rincara la dose l’azzurra Jole Santelli:
«Siamo di fronte a una sentenza politica tipica di uno
stato comunista». Massimo Garavaglia, capogruppo
della Lega in Commissione Bilancio della Camera
denuncia: «Siamo già agli espropri proletari: questo è il
governo Prodi».