(commento 17.3.2011)
Le recenti lotte dei Disoccupati Organizzati a Napoli, a Taranto, che hanno visto repressione, scontri con la polizia, occupazioni anche prolungate dei Comuni, ed in altre città importanti del meridione, dove si sono unite alle lotte per l'ambiente con le rivolte contro lo scempio del territorio come a Terzigno, ben diversamente dalle lotte ed iniziative che si sviluppano al Nord, hanno una caratteristica di movimento costante e di unità di classe, difficilmente smentibile.
Al centro nord Italia, una realtà maggiormente adattatasi al capitale multinazionale della precarizzazione selvaggia, nonché il modello del territorio diffuso, dispersivo ed alienante dei rapporti sociali, ha reso sinora più difficile la autorganizzazione, specie dei disoccupati immigrati, su questo fronte. Vi sono stati anche episodi di proposta "classica", opportunista, da parte di ceti o microceti politici, riferiti in particolare ai disoccupati oltre i 50 anni, ed anche esempi ancora classici, e gestiti direttamente dai confederali, di "accompagnamento" di centinaia di lavoratori di questa o quella fabbrica, attraverso la via crucis della mobilità e la rivendicazione di riprendere il lavoro di questa o quella fabbrica. Il caso della INNSE è l'eccezione, la norma è l'esempio della Sirma a Marghera, dove proprio l'adagiarsi dei lavoratori su "mamma Cgil", li ha portati alla sconfitta. Dopo, il silenzio, il deserto, la gente che non ha i soldi per la spesa, per la benzina, per l'autobus, le banche, i prestiti, le cartelle esattoriali. Una realtà di massa, di impoverimento di cui si ha vergogna, proprio perché il modello del "territorio diffuso" impedisce la socializzazione di massa, la ostacola fortemente. La nostra proposta ai disoccupati immigrati (formulata per la prima volta nell'assemblea del dicembre 2008 a Spinea), marcia a rilento, ma va detto, non solo a causa delle difficoltà oggettive, dispersione territoriale ecc., ma anche per due fattori: da una parte, l'italianizzazione al centro-nord comporta che l'organizzazione sindacale viene costruita, anche in particolare quella dal basso, nei posti di lavoro o in riferimento ai posti di lavoro subito dopo la disoccupazione, e non a partire dal territorio; dall'altra parte, per la tendenza a portare tutto o quasi tutto a vertenza legale, tendenza che nasce comunque dalla mancanza di organizzazione sindacale sul territorio. Sopra tutto, le enormi responsabilità di chi HA PROGETTATO questa situazione, con le leggi Treu e Biagi, con la chiusura delle chiamate a lista degli uffici di collocamento e la creazione di quelle associazioni per delinquere denominate agenzie interinali. Queste ultime tuttavia ci sono anche nel meridione. Quindi esistono due modi diversi di socialità e relazioni sociali. Mano a mano che crescerà internet, non cambierà molto, perché internet (o facebook che dir si voglia, a proposito della barzelletta della rivoluzione in nord africa partita da facebook) è o può essere solo uno strumento, mentre è la base oggettiva e la tendenza soggettiva, ciò che determina la nascita ed il formarsi di organismi adeguati.
La nostra proposta comunque non è diversa per il Sud o il Nord italiani. Solo cambiano le esperienze. Con il nostro Sindacato, a Taranto e Palermo, prevale la Pratica, a Napoli, con l'esperienza storica, il discorso non è molto diverso, nel Nord, prevalgono i ceti politici, prevale la logica del campanile. In questo senso, va detto che il sistema di accumulazione e di ricentralizzazione è andato più avanti al Nord, per esempio confronto tra le municipalizzate dei rifiuti a Taranto e il sistema industriale del riciclaggio a Venezia-Marghera e dintorni. Mentre a Taranto vengono giustamente rivendicati posti di lavoro nel settore, da noi non si fiata nemmeno, perché è già tutto ricentralizzato e le Amministrazioni comunali sono solo la sede di legittimazione della rapina che continua ai danni di tutta la popolazione, da parte di Spa che non stanno certo a discutere con i disoccupati.Per certe caratteristiche, è importante riconoscere che esistono anche diverse linee nelle organizzazioni "storiche" del sindacato, per esempio Brescia e Modena la Fiom è una cosa ben diversa che non a Milano o Marghera. Non a caso il 1 marzo a Brescia lo sciopero degli immigrati ha funzionato egregiamente. Vicenza pur essendo una sede "arretrata" del movimento operaio, è dagli anni '80 il terzo o secondo polo industriale in Italia, e questo ha creato nuove forze, per cui a Vicenza il sindacalismo di base è maggiormente sviluppato pur essendosi auto-estinto o quasi il movimento operaio delle "basi rosse" di Valdagno e Schio. Tuttavia anche in queste situazioni, la lotta dei Disoccupati Organizzati non emerge. A Treviso si sta provando a costruire passaggi, ma prevalgono le difficoltà, la dispersione, la miseria a rendere difficile anche solo l'attivazione. Un Cobas di venti lavoratori, che vivono su un raggio di 100 km in oltre dieci diverse località, erano "soci dipendenti" di una "cooperativa" che lavorava in una ventina di industrie diverse. Si può capire. Per cui come si diceva a Spinea nel 2008, si può ripartire solo dai Cobas dei Disoccupati Organizzati a livello territoriale, ma farlo in un regime di apartheid come quello italiano attuale, è molto difficile. L'aggiramento della contraddizione comportato dalle forme di organizzazione attorno ai centri sociali, può essere utile, ma non costituisce, l'eseperienza storica lo attesta, un passaggio di classe, bensì un ulteriore proliferare di orticelli.
Tutto questo non smentisce la centralità operaia, né sminuisce la lotta dei Disoccupati Organizzati di Taranto, Palermo, Napoli. E' questo che va fatto, dagli immigrati e dai lavoratori italiani disoccupati, nel Nord, senza alcuna vergogna o furbizia. La lotta deve diventare generale.