SLAI Cobas per il Sindacato di Classe
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Mira
Comunicato
Coordinamento nazionale - da Marghera – 23-7-2014
L’ e.n.i., la chimica, la raffinazione,
l’estrazione e l’Italia.
Il 29 sarà a
Roma la manifestazione confederale.
Mentre la
rivolta è partita a Gela, a Marghera il regime mostra la sua faccia di
dissoluzione del patrimonio produttivo nazionale,
del resto è un regime impegnato nelle strade e rotonde, grandi opere
speculazioni immondizia e ovviamente mazzette.
La parte
produttiva del colosso italiano è definita in perdita da parecchio tempo, lo
diceva con forza una decina di anni fa il rag. Mincato all’epoca AD di e.n.i.
che assestò un bel fendente al Petrolchimico di Porto Marghera, la chiusura
del ciclo caprolattame avviando l’effetto domino. Ritornando all’attualità c’è
da rimanere allibiti di fronte a dichiarazioni tipo :” e.n.i shock si chiudono
due petrolchimici e 4 raffinerie su 5 “ ma dove avete vissuto mentre la
raffineria di Livorno scampava al suo destino e poco dopo quella di Venezia
veniva chiusa perdendo all’ incirca 1/3 dei posti di lavoro e riconvertita a
deposito con produzione di 40-60 T/h di biodiesel da olio di palma attraverso
un pericoloso ( economicamente, sia chiaro ) passaggio in due step attualmente
fermo allo step 1, la raffineria di Gela veniva fermata, ad Assemini il clima
era assai pesante, mentre fuori dal gruppo chiudevano Mantova, Roma, altri
siti e tornando a Marghera in via della (ex) chimica le celle a membrana non
sono mai arrivate?
Si tratta da
parte di e.n.i. della continuazione, di un piano già ben delineato che non ha
mai subito battute d’arresto se non per cause esterne dovute al disastro della
Deepwater Horizon nell’Aprile 2010.
Cosa c’entra?
Il piano è
quello di estrarre in Italia usando il ricatto della dismissione della parte
industriale e produttiva del gruppo ormai fuori dal raggio di azione delineato
dagli azionisti che vedono come fonte sicura di dividendo l’estrazione e la
vendita e non più la lavorazione accusando i paesi emergenti di produrre, dopo
che e.n.i. stessa ha venduto loro la tecnologia, a prezzi che rendono il
sistema raffinazione e chimico italiano fuori dai giochi.
Ormai il
disastro delle coste americane è stato dimenticato e le regole fissate sulle
miglia marine di distanza dalla costa sono rientrate a valori pre Deepwather
Horion e le concessioni di perlustrazione fioccano su tutto il territorio e le
coste nazionali, mentre dove già si estrae la popolazione non se la passa
bene, un esempio su tutti e la Val D’Agri in Basilicata.
S.L.A.I. CoBas
per il sindacato di classe appoggia tutti quei comitati popolari che si
schierano contro le nuove trivellazioni su territorio nazionale, questo non
per logica anti industriale ma per la salvaguardia della vita e della salute
dei cittadini e dei lavoratori.
Tutto ciò fino
a quando non ci saranno regole e controllori che garantiranno l’azione
estrattiva nel rispetto della salute della popolazione e della salvaguardia
del territorio, non vogliamo diventare il nuovo delta del Niger!
Il nuovo a.d.
era capo del settore estrattivo e non è un caso, il più redditizio, appena
arrivato ha semplificato la struttura organizzativa: up, mid, down.
Down, di cui
fanno parte raffinazione e chimica, è a tutti gli effetti la parte indebitata
che manda in rovina il gruppo: come si può ipotizzare il rilancio se si
mettono insieme tutte le procacciatrici di disavanzo?
Unica
soluzione è la totale dismissione, niente di nuovo solo che questa volta è
alla luce del sole, chiara, limpida.
Sfruttare i
giacimenti italiani come si sta facendo attualmente, contando su una
tassazione tra le più basse a livello mondiale, non è creare un futuro al
paese ma affossarlo facendo guadagnare i soliti noti.
Pensare poi al
reimpiego dei lavoratori nel settore estrazione ci fa venire alla mente l’
esperienza che stanno “maturando” alcuni colleghi di in comando alla vecchia
E&P ora UP che certo non fa dormire a nessuno sonni tranquilli anzi siamo alle
soglie dell’incubo più che della prospettiva occupazionale.
Richiamare la
“funzione sociale di e.n.i.” in quanto azienda di Stato è mentire sapendo di
farlo.
Va precisato
che lo Stato è l’azionista di maggioranza e in quanto azionista è interessato
esclusivamente al dividendo.
Negli ultimi
giorni, infatti, attraverso il presidente del consiglio, accompagnato
dall’amministratore delegato di e.n.i., si è garantita la stipula di
investimenti miliardari con paesi centroafricani, certo non noti per il loro
rigoroso rispetto dei diritti umani.
Lo Stato è al
servizio di e.n.i. e non il contrario.
Agli annunci
della continuazione della dismissione la reazione dei concertativi è stata
quella sì “sorprendente”.
Comunicati
duri, un coordinamento di tutti i delegati area e.n.i a Roma e i tre
segretari, dopo aver firmato la ricalibrazioni delle percentuali indennità
turno senza chiedere nulla ai lavoratori ma concedendo loro un passaggio
assembleare dove le r.s.u. dovranno far digerire quanto firmato, sul piede di
guerra nei confronti dell’azienda “di stato”.
I risultati
sono una giornata di sciopero il 29 Luglio con manifestazione a Roma, il 28
Luglio una manifestazione territoriale a Venezia ed il 24 Luglio mattina a
Marghera una assemblea generale per dire ai lavoratori quando e dove devono
scioperare.
Ma i
lavoratori tutti cosa hanno deciso, in che maniera sono stati coinvolti nella
strategia da intraprendere, ci si è confrontati con loro esclusivamente nei
“circoli” di appartenenza sindacale, è democratico tutto ciò o siamo alla
dittatura delle maggioranze?
Il metodo
intrapreso per decidere le tappe della mobilitazione non lo condividiamo, le
assemblee generali andavano fatte prima delle decisioni non dopo altrimenti
servono a dare ordini e basta.
Noi siamo per
far decidere ai lavoratori tutti, dopo un confronto, le strategie di
mobilitazione che se calate dall’alto corrono il rischio di generare “buchi
partecipativi” che nonostante tutto auspichiamo non avvengano.
Ribadiamo ciò
che con forza scrivevamo sui volantini nel periodo assai vicino della crisi
della raffineria di Marghera, il problema della dismissione del tessuto
industriale di e.n.i. è di tutti i lavoratori dei siti indipendentemente dalla
sigla che portino stampata sulla tuta.
La vertenza è
trasversale e solo uniti possiamo far valere le nostre ragioni, e.n.i. deve
ripensarci in toto non può affossare un paese e non può fare quel che le pare
con accordi di investimento che ha firmato e che i lavoratori e il tessuto
sociale hanno pagato caro, il dividendo c’è.
Una volta per
tutte, e.n.i. non è una azienda in crisi e riteniamo il suo ricorso alla
C.I.G. in vari momenti ed anche attualmente un furto alla collettività.
e.n.i. deve
inoltre bonificare a sue spese tutti i siti che ha inquinato e consegnarli
veramente a nuovi investitori, alle autorità locali l’onere di vigilare ed
evitare ogni speculazione.
Dobbiamo
prestare molta attenzione alle sirene sindacali e aziendali che ci invitano
alla calma sostenendo che il nostro sito non corre alcun rischio.
Dirigenti e
sindacati concertativi in maniera ufficiosa dico le stesse cose e il tutto è
molto preoccupante.
Chi sa
interpretare come vanno le cose siamo noi lavoratori che la fabbrica la
viviamo e ne vediamo il destino.
Ci aspettiamo dall’azienda interventi mirati
a spaccare il già esile fronte unitario dei lavoratori, o si affrontano tutte
le questioni insieme altrimenti avremo perso tutti, il futuro c’è per tutti,
se c’è solo per una parte è una sconfitta di tutti.
Coordinamento nazionale
SLAI Cobas per il Sindacato di Classe