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Il compagno Gianluca Bego operaio della Raffineria ENI di Marghera ha portato sabato 13 novembre a Padova un saluto ai presenti ed in particolare ai compagni di Pomigliano, da parte del coordinamento regionale di SLAI Cobas per il Sindacato di Classe.

In seguito a questo dibattito, cui hanno partecipato una 70ina di militanti politici e sindacali, ma ben pochi lavoratori senza ruoli ben definiti, abbiamo steso queste riflessioni.

 

Generalmente riteniamo che le uniche assemblee interessanti siano quelle che si svolgono nell’ambito diretto delle lotte, e sui posti di lavoro, ma in questa fase riteniamo utili ed interessanti tutte le occasioni in cui si possa far chiarezza sulla gravità dell’offensiva padronale in corso e sulla necessità della unità nelle lotte e nell’autorganizzazione di classe.

La pesantezza della crisi viene fatta ricadere sui lavoratori, sui giovani e sui disoccupati, in una situazione già gravissima per la precarietà dei rapporti di lavoro, ed è stato in questo contesto che la Fiat ha avviato una campagna antioperaia costruita sulla negazione dei diritti sindacali (Melfi in particolare) e sul tentativo di strappare enormi vantaggi in termini di estrazione di plusvalore attraverso l’accordo filo-padronale sottoscritto a Pomigliano con Cisl e Uil, laddove però la Fiom ha espresso il suo parere negativo in particolare per non essere considerata interlocutore privilegiato, più che sui contenuti dell’accordo e del referendum costruito sopra di esso.

Il fallimento dell’operazione plebiscitaria sul referendum a Pomigliano, i reintegri ordinati dai giudici per Melfi, le contraddizioni sorte tra la Fiat e la stessa borghesia istituzionale, non devono essere considerate “vittorie” od avanzamenti, in quanto comunque si tratta di una situazione difensiva imposta dal padronato che pur non avendo ottenuto il punteggio pieno, ha iniziato ad imporre l’esistenza dei sindacati gialli come normalità, tanto più se si osserva la vicenda del CCNL metalmeccanici.

Tutto ciò è avvenuto mentre si è fatto passare il collegato lavoro, che rende ancor più difficile il ricorso al diritto per ripristinare situazioni corrette nell’interesse dei lavoratori.

Questa situazione non nasce secondo noi, per la prima volta, con l’attacco della Fiat all’industria dell’auto in Italia, essendo divenute più vantaggiose le condizioni di sfruttamento all’estero, ma ha dei precedenti significativi, ossia la costante dismissione di significative branche industriali non è nata oggi, basti pensare a parte dell’industria siderurgica e all’industria petrolchimica.

Per esempio, nell’ultimo contratto dei chimici, si sono soppressi gli scatti di anzianità (congelamento per chi già lavora, e loro soppressione per i neoassunti).

Anche in questo caso, la scusa del “mercato” serve a coprire il fallimento del sistema capitalistico, che, mentre riesce a produrre merci di qualità sempre più superiore, a costi inferiori, vede comunque lievitare i propri profitti a causa del mercato stesso. Quindi, il ricorso poi di Fiat alla campagna acquisti americana, è un’ulteriore dimostrazione, già vista a livello mondiale in campo bancario ed automobilistico, delle fusioni tra multinazionali.

In questo quadro, la politica disastrosa di Cgil-Cisl-Uil, e la politica di rimessa di tanti “sindacati di base”, si rivela sterile e anche funzionale agli stessi piani del capitale, proprio perché nel mentre si affermano genericamente “i diritti”, dall’altra non si lotta conseguentemente per renderli possibili ed attuabili, ossia per cambiare le cose.

Questa politica di Cgil in particolare la vediamo nel sostegno alla “produzione di eccellenza” Italiana delle navi da crociera, nella politica del mantenimento di uno status quo fondamentalmente razzista di esistenza e legittimazione di due, anche tre sottoclassi diverse all’interno della classe operaia.

La si vede anche nel settore autotrasporti e logistica, con la garanzia regalata ai padroni, di poter sfruttare per 4-5 ore di straordinario gratis, gli autisti. E vi fa da corollario l’attacco ai diritti sindacali, i discorsi sulla rappresentatività nazionale, sulle OS firmatarie o meno, sul “quorum” per esistere, come se in campo sindacale i lavoratori fossero appunto al mercato, dove si compera il pesce che puzza meno. La sinistra riformista da parte sua rivendica un “piano industriale”, dopo aver collaborato alla distruzione della stessa industria nazionale.

Nella nostra esperienza, rivendichiamo nel nostro territorio, unicità ed esemplarità del processo di costruzione di embrioni concreti del sindacato di classe, attraverso il lavoro di autorganizzazione e le relative lotte e vertenze, che un po’ alla volta iniziamo a dirigere e condurre tra gli operai ed i disoccupati delle cooperative, tra gli operai degli appalti di Fincantieri, tra gli autisti, e tra gli operai immigrati in tutti i settori della regione, scontrandoci non solo con il potere e con le strutture di contenimento dei capitalisti, non solo con i confederali, oramai sindacato giallo a tre teste, e forse più, ma anche con coloro che credono ad un cambiamento in campo politico dispregiando in ogni maniera nel concreto la possibilità che di questo cambiamento siano soggetto politico e sindacale, direttamente i lavoratori autorganizzati nei Cobas.

A livello nazionale, le lotte dei disoccupati a Taranto e Napoli, si sono collegate nelle giornate di lotta dei mesi scorsi, alla lotta di Pomigliano. Questo è stato un passaggio molto importante.

Molto più avanti, gli operai, i disoccupati ed i lavoratori e lavoratrici, in primo luogo gli immigrati, devono spingersi, per costruire l’unità nella lotta, attraverso la costruzione e la lotta per un autentico Sindacato di Classe, senza il quale, non si potrà reggere e superare la fase attuale.

(13-14/11/2010)