Con gli operai della Fincantieri in sciopero

 

Giorni di rabbia per gli operai della Fincantieri che per due volte giovedì e venerdì scorso sono scesi in sciopero.

Le voci di ulteriore cassa integrazione e mancanza di commesse hanno fatto saltare i nervi, in particolare agli operai delle ditte che già da mesi non lavorano.

 La prima scintilla si era accesa già qualche giorno prima quando è stata varata una piccola nave privata, varo al quale non sono state invitate le famiglie degli operai, come invece è tradizione, e momento sentito dagli operai.

Questo ha fatto arrabbiare gli operai che alla fine di questo varo tecnico, in silenzio, in un centinaio si sono radunati in un angolo del cantiere per discutere creando un certo timore nei dirigenti sia della Fincantieri che dei sindacati confederali che cercano sempre di spegnere ogni iniziativa autonoma degli operai.

Alla richiesta del motivo di questo atteggiamento gli operai hanno spiegato la loro riprovazione per il comportamento dei manager, ma la risposta, come tante altre volte, è stata di sufficienza, doveva essere così e basta.

E vista la rabbia crescente degli operai e la prossima cassa integrazione giovedì scorso i confederali hanno organizzato un corteo improvviso, “per sorprendere i dirigenti dell’azienda” che altrimenti tramano per non far riuscire la manifestazione, per “chiedere chiarezza sul futuro”.

I sindacati confederali anche questa volta invece di portare gli operai a protestare contro i dirigenti/burocrati di questa azienda statale al 98%, che anche quest’anno ha fatto profitti per 10 milioni di euro e ha acquisito diverse commesse, tra cui la costruzione di alcune navi da guerra, responsabili di una politica di smantellamento progressivo dei cantieri navali di Palermo, notizia confermata apertamente in questi giorni, hanno preferito arrivare davanti la sede della Regione Siciliana, “perché la politica deve fare la sua parte”.

Poi, venerdì mattina mentre erano negli spiazzali per una assemblea nella quale si doveva fare il punto sulla vertenza si è aggiunta la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza operaia.

Alla cassa integrazione, prima annunciata per mesi, poi messa in atto per alcuni operai a rotazione, (a ottobre toccherà a 44 operai che diventeranno 184 fino a dicembre - se non ci sono altre novità) e che aveva già lasciato a casa molti operai delle ditte esterne, si è aggiunta la notizia diffusa dall’azienda che è saltata una commessa (costruzione di una nave posatubi della Micoperi che ha deciso di farla costruire in Croazia) che avrebbe comportato qualche mese di lavoro ancora, scongiurando per il momento la cassa integrazione.

I sindacati confederali con questa assemblea provavano a tenere buoni gli operai, ma quando è arrivata la notizia della mancata commessa, come è successo in altri casi, poco prima che gli operai per protesta uscissero in strada fuori dal cantiere, hanno colto la palla al balzo per mettersi di nuovo alla testa del corteo che questa volta è arrivato in Prefettura (lungo il tragitto gli operai non hanno fatto mancare un lancio di uova all’indirizzo del Palazzo del Comune, con particolare attenzione al Sindaco Cammarata).

In Prefettura è stato assicurato un incontro a livello nazionale per lunedì prossimo, 14 settembre, con il ministro delle attività produttive Claudio Scajola per discutere dei cantieri.

 

Anni di connivenza sindacale con i vertici aziendali hanno portato ad un abbandono di fatto degli interessi degli operai e a questa situazione di pericolo di chiusura dello stabilimento; hanno portato all’isolamento dagli altri stabilimenti messi spesso l’uno contro l’altro per l’acquisizione delle commesse; hanno portato alla “guerra tra poveri” tra operai Fincantieri e delle ditte esterne…

È necessaria l’autorganizzazione delle lotte degli operai, fuori dai sindacati confederali.

È necessario lottare per

 

Una nave intera da costruire

Fermare la cassa integrazione

Rilanciare il cantiere con la ristrutturazione dei bacini e la bonifica ambientale e

Assunzione degli operai dell’indotto per rispondere alla “guerra tra poveri” alimentata dall’azienda

 

Slai cobas per il sindacato di classe

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