Operai, lavoratori, questo è un contributo di SLAI Cobas per il sindacato di classe delle province di Venezia e Padova,

14 e 17 gennaio PORTO MARGHERA

CENTRO INTERMODALE ADRIATICO QUALE SVILUPPO QUALE SICUREZZA ?

In pochi giorni si sono avuti due gravissimi incidenti al CIA di Marghera, ove lavorano sia dipendenti del CIA, sia della Nuova Compagnia di Lavoratori Portuali (NCLP), sia di alcune imprese d’appalto che di agenzie interinali (lavoro “in affitto”, spesso a giornata).

In poco più di un decennio le migliaia di lavoratori della CLP si sono visti “trasformare” la condizione lavorativa nel Porto in una miriade di aziende ed aziendine, dove si fanno lavorare gli operai anche su due turni consecutivi, ed anche con buste paga quotidiane … nella insicurezza più totale del posto di lavoro, nella impossibilità di far sentire le proprie ragioni ai padroni, nella mancanza di una condizione di difesa sindacale autentica e “dal basso” ossia dalle ragioni e condizioni materiali ed effettive dei lavoratori stessi.

Il 14 gennaio Claudio Favaretto di Mira ha rischiato di perdere la vita, ed ha subito una pericolosissima operazione di riattaccamento della gamba sinistra, a causa di un incidente che è stato imputato a delle buche sulla piazzola dell’area ferrosi, di carico e scarico, ma che in realtà secondo noi è dipeso dal criterio della massima velocità per il massimo profitto. In quel caso ben 7 lamiere di 12 metri di lunghezza cadauna, molto pesanti, erano in fase di carico-scarico. Cosa impediva di alzarne e spostarne una alla volta ?  Tra l’altro con due muletti in parallelo,  operazione di per sé pericolosissima poiché ad operare contemporaneamente sono due diversi lavoratori ? I giornali locali hanno subito iniziato la “lotteria” delle cause presunte dell’incidente, che secondo noi invece non ha molto bisogno di spiegazioni. La portata teorica dei muletti non significa che si debba sempre strafare, per obbedire a norme o convenzioni dettate dai capi. Ben sette lamiere significa una possibilità di scivolamento molto alta, ben superiore a quella che si avrebbe movimentando una, due o tre lamiere al massimo di volta in volta.

I sindacati confederali hanno fatto appello a maggior formazione dei lavoratori ed a mezzi adeguati, questi sono sicuramente discorsi necessari, ma ciò che conta è rilevare che lo “sviluppo” capitalistico è arrivato ad un punto di non-ritorno, oltre il quale c’è solo la giungla, e questo lo vediamo tutti i giorni, e non solo nel merito degli incidenti sul lavoro. In questo incidente, ciò che salta agli occhi è soprattutto come è avvenuto l’incidente, ossia per quali motivi. Secondo noi appunto i motivi sono da ricercare nelle cause, ossia nelle condizioni in cui i lavoratori devono correre letteralmente e fare le cose per rispettare le “esigenze” delle aziende e non quelle del lavoro nella dignità e nella sicurezza. La cosa ridicola è che alcuni dei maggiori responsabili della SITUAZIONE, ossia l’amministratore delegato di “Interporto Venezia Spa” e il direttore del CIA, in collaborazione con il “responsabile della sicurezza” hanno subito istituito una “commissione di inchiesta”. Con la “Direzione sicurezza” chiusa dal 2004 (come denunciato da un consigliere comunale il 21 scorso), su che cosa volevano “indagare” ?

Il 17 gennaio poi, tutti i Porti d’Italia sono scesi in sciopero immediatamente dopo  la notizia del duplice omicidio bianco, che per poco non è stato una strage, avvenuto nella stiva della nave panamense World Trader. In quella stiva, come si è poi ampiamente risaputo, non si erano immesse sonde per verificare la presenza di sostanze nocive nell’aria, non si era preventivamente verificato che la metà dei portelloni della stiva non erano apribili. In un secondo momento, dopo la discesa e lo svenimento a terra per asfissia di Denis Zanon di Mestre della NCLP e Paolo Ferrara di Brugine  (di una impresa), un lavoratore rumeno dotato di maschera di respirazione e bombola , scendeva nella stiva per verificare la situazione, ma non poteva far nulla per salvare i due lavoratori in quanto si accorgeva che la bombola era praticamente senza ossigeno, e doveva risalire.  All’operazione in stiva partecipavano all’esterno altri 9 lavoratori, come ha testimoniato uno di loro, sei lavoratori a bordo della nave e cinque in banchina. Successivamente sono stati indagati ben 7 tra lavoratori e dirigenti. Nel caso del RLS indagato, ci sembra che la mancanza di una sicurezza in azienda non possa certo essere imputata ad un RLS quando si sa bene che sono in numero insufficiente, e che sono in genere nominati dall’azienda stessa e quindi non sempre e non comunque nelle condizioni di presiedere ad ogni attività a rischio. Tanto più che spesso e volentieri gli RLS subiscono in varie realtà minacce di licenziamento od anche sospensioni e licenziamenti veri e propri. Per esempio in un recente convegno organzizato anche con la partecipazione del nostro sindacato, dell’Associazione 12 giugno, e della Provincia di Brindisi, tenutosi a Mesagne (Brindisi), al quale abbiamo partecipato in delegazione, un lavoratore RLS, iscritto alla FIOM, ha dichiarato di essere stato licenziato e riassunto per decisione del giudice, per ben 14 volte. Evidentemente l’ILVA che è una grande azienda, non ha la mano meno pesante di molti altri padroni ! E’ questa la situazione che i giornali non dicono. Perché hanno anche loro dei proprietari !

In ogni caso la situazione al Porto è da molto tempo che viene denunciata per la enorme parcellizzazione del lavoro, per i turni lunghissimi cui sono obbligati molti lavoratori a giornata.  Ci sono stati anche dei giusti scioperi, però secondo noi paziali, allo scopo di contenere il numero di imprese d’appalto dentro il porto.

Ci sono state anche le mancate riassunzioni di chi non sta “a garbo” alle imprese. È il caso per esempio di un giovanissimo operaio di Marghera, nostro iscritto, che si è visto rifiutare la riassunzione dopo un periodo di lavoro a chiamata e 6 mesi di contratto a termine con una agenzia interinale, avendo la sola “colpa” di essere caduto con il motorino alle 6 di mattina nel recarsi al lavoro sulla strada bagnata ed umida di nebbia. Anche questa è una dimostrazione del fatto che il “ritmo” che le agenzie interinali e le ditte di appalto hanno permesso agli sfruttatori non genera altro che peggiori condizioni di lavoro e maggior rischio per la vita dei lavoratori.

NON E’ QUINDI SOLO UNA QUESTIONE DI LEGGI DA RISPETTARE, MA DI SOSTANZA, DI COME SI LAVORA E DEI LIMITI CHE VANNO POSTI AGLI SFRUTTATORI. E NELLA QUESTIONE DELLA SOSTANZA VI E’ CHE E’ SBAGLIATO VIVERE SUGLI STRAORDINARI, perché gli straordinari creano maggiori rischi per i lavoratori, e tolgono energie alla lotta per migliori retribuzioni e maggiori condizioni di sicurezza.

PER LA DIFESA DI MARGHERA DAI PROGETTI ISTITUZIONALI DI RIDUZIONE DELL’AREA ALLA SOLA COMMERCIALIZZAZIONE

Sin dagli anni ’70, tra i politici veneziani, di cui alcuni poi furono processati nella Tangentopoli veneta, era corrente il proporre un allargamento del Porto di Venezia a discapito della produzione Petrolchimica e anche di altre aziende, economicamente sane, ma non ben “integrate”  nel “sistema” (alcune delle quali poi furono chiuse, per esempio Galileo, Feltrificio Veneto, Cokeria, ecc.). Successivamente ci fu l’andirivieni di acquisti e cessioni delle parti del Petrolchimico, che dalle partecipazioni statali andarono a ditte nazionali e poi multinazionali passando per Eni. Ora che i politici stanno sotto sotto scagliando l’attacco secondo loro “finale” alla classe operaia del Petrolchimico, salta fuori che gli incidenti sul lavoro e la nocività conseguente vengono proprio invece da quei settori (cantieristica, edilizia, portualità) che la loro “lungimirante” politica identifica come “settori del futuro” (logistica in primis): proprio gli stessi discorsi degli anni ’70 !!!

È importante quindi che la solidarietà di tutti i lavoratori di Marghera, Petrolchimico in primis, ai lavoratori della portualità per la ignobile condizione generale di dipendenza dalla precarietà in cui versa il Porto, abbia un significato reciproco: nessuna “grande trasformazione”, nessun “gigantismo”,ma solo il ripristino dei diritti e delle regole che gli stessi padroni, sulla carta, hanno sottoscritto. E se ha da essere una nuova legge sulla sicurezza sul lavoro dopo la 626 e le norme di questa estate, molto particolarmente sbilanciate a favore del padronato,  che sia frutto dell’analisi e dell’esperienza dei lavoratori, e non dei pateracchi con i padroni.

Su questo terreno è sorta la rete BASTAMORTESULLAVORO, a cui aderiamo, composta da lavoratori, delegati, RLS, di tutta Italia.

LAVORATORI SOLO AUTO-ORGANIZZANDOCI POSSIAMO OTTENERE SICUREZZA E DIGNITA’ SUL LAVORO

Lavoratori portuali,  la vostra esperienza di lotta e di sindacalizzazione e di realtà di base, dalle lotte degli anni passati è rimasta ancora, non è stata uccisa. Lo hanno dimostrato anche i “camalli” di Genova appena dopo la morte di Denis e di Paolo.

Ciò che conta è comprendere che nella logica della “concertazione” e dell’accordo a tutti i costi, passano anche in secondo piano moltissimi elementi fondanti ed imprescindibili di ogni seria attuazione delle norme di sicurezza, tali e tanti elementi che, venendo trascurati, portano alla morte o anche a malattie invalidanti o letali.

Su questo terreno NOI, COMITATI DI BASE DEL SINDACATO LAVORATORI AUTORGANIZZATI INTERCATEGORIALE PER IL SINDACATO DI CLASSE, attivo in questa provincia e in quella di Padova, come a Taranto, Palermo, Ravenna, Dalmine, Melfi, Milano, sindacato sorto nel 1992 anche con realtà di altre importanti fabbriche e città, NOI siamo organizzati dal problema alla soluzione, e non dalla burocrazia alle chiacchiere od alla delega. Noi siamo nei limiti del possibile, contro ogni delega, e siamo per la partecipazione diretta dei lavoratori alle lotte, alle vertenze, ai processi, insomma per un protagonismo dal basso che abbia chiaro che TUTTA LA RICCHEZZA VIENE DAL NOSTRO LAVORO e che non è giusto NE’ MORIRE PER I SOLDI CHE FINISCONO NELLE TASCHE DEI PADRONI, NE’ VEDERSI SCIPPARE TUTTO IL FRUTTO DEL PROPRIO LAVORO.

In realtà non abbiamo grande bisogno di capi e ordini scritti, dato che poi arrivano sempre ordini improvvisi che scombinano tutto, per “necessità di mercato”.

La nostra proposta è di lottare insieme per la sicurezza sul lavoro.

Noi siamo disponibili a supportare ogni vertenza legale senza gravare nemmeno dell’1 per cento, le tasche dei lavoratori !

La nostra proposta è che i lavoratori, i delegati, gli RLS, partecipino alla rete BASTAMORTESULLAVORO ed estendano alla quotidianità la lotta.

UNA ANALISI OLTRE I CERIMONIALI E I LUOGHI COMUNI, DA LAVORATORI A LAVORATORI

Oltre alla grande attenzione, al voler evidenziare la “eccezionalità” dell’accaduto del 17 gennaio, i giornali locali ci hanno mostrato più fotografie della barba del sindaco di Venezia che dei lavoratori deceduti. La presenza delle istituzioni sul luogo del duplice omicidio bianco (perché tale è) fin dalle prime ore successive ai fatti, non ci devono più di tanto stupire.

Pochi giorni prima di questi gravi incidenti, il 21 dicembre, il sindaco si era recato presso la Nuova Compagnia dei Lavoratori Portuali, in assemblea. A lui la presidenza, ed i lavoratori in piedi, tutto intorno. Il messaggio dell’articolo di un giornale locale era evidenziato nel titolo “Porto= fattore strategico”. Ossia si cerca il coinvolgimento dei lavoratori in presunte promesse di benessere, il tutto in realtà a favore di chi incassa i dividendi delle attività.

Sindaco, Presidente della Provincia, presidente dell’Autorità Portuale, sottosegretario ai trasporti, tutti insieme a recitare ciò che i giornali ci ripetono da qualche tempo: logistica, portualità, ecc. Non una parola sul Porto di Trieste, o di Ancona, al solito la promessa che “noi contiamo di più”, che “Venezia” è “strategica”, ecc.

Dicendo anche “a patto che si rispettino le norme sulla sicurezza”. Ma non una parola sul fatto che la situazione di gravità assoluta attuale nel campo della sicurezza sul lavoro dipende principalmente dalle leggi sulla mobilità e la compravendita di forza-lavoro che dalla legge Treu in poi, sono state sottoscritte DAGLI STESSI PARTITI DELLE PERSONE CHE OGGI FANNO QUESTE AFFERMAZIONI !!!

Tanto più che fare appello alla “crescita del Paese” in presenza di una grande crisi che permane e che il grande padronato risolve a modo suo con guerre di conquista e di depredazione del petrolio, ci sembra addirittura pericolosamente anti-Costituzionale.

Senza quindi un ritorno alla norma dello Statuto dei lavoratori, alla estensione dello Statuto senza eccezioni, per tutte le imprese, senza la assunzione di tutto il personale operante in ogni sito, senza la chiusura di tutte le agenzie interinali e la regolarizzazione di tutti i lavoratori alle loro dipendenze, senza la fine dei trattamenti economici diversificati tra lavoratori che fanno le stesse cose negli stessi siti, senza insomma equità e giustizia, non sarà possibile alcuna sicurezza sul lavoro.

Il 21 gennaio poi, si è riunito a Venezia il consiglio comunale alla presenza sia del sindaco della città di Ferrara (Brugine in provincia di Padova), sia del sindaco della città di Favaretto (Mira). I giornali questa volta hanno riportato frasi AUTOCRITICHE: il sindaco di Venezia avrebbe dichiarato “SIAMO TUTTI RESPONSABILI”; secondo noi è sbagliato, SIETE TUTTI RESPONSABILI, noi lavoratori che contestano, con cause legali, mobilitazioni, informazione, aiuto ad Associazioni  impegnate in questo campo  (come la A.E.A., seriamente impegnate a denunciare la nocività ed a portare avanti correttamente e senza percentuali, le cause di riconoscimento dell’esposizione amianto, o dei molti morti che per l’amianto ci sono stati, tanto per fare un esempio), impegno volontario, sacrifici, subendo repressione e licenziamenti politici per questo nostro impegno di SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE E DI MOLTISSIMI LAVORATORI CHE LA PENSANO COME NOI, NOI NON C’ENTRIAMO NIENTE CON VOI !

 Gli interventi sono stati certo toccanti e gravati della presenza di pubblico e di giornalisti, e della gravità dell’accaduto, come in queste circostanze.

Però resta il fatto che le istituzioni, quando ci scappa il morto sul lavoro, sono lì a fare discorsi retorici anche quando affermano di non volerli fare. Non è solo il mancato rispetto delle leggi, sono le cause di questo mancato rispetto, che non arrivano mai sui banchi dei Tribunali. C’è ipocrisia, c’è capacità di spargere lacrime di coccodrillo, e ciò ci fa pena ed orrore perché il loro modo di agire politico è fortemente sostenuto dalla classe padronale (ADDIRITTURA il presidente veneziano della confindustria che ci dice che “nuove leggi non servono”), a spingere sempre più per il massimo profitto con maggiore flessibilità e produttività per i lavoratori. Né ciò, questo maggior rischio, può trovare più soluzione nella sua monetizzazione salariale. Non basta, e non aiuta ad evitare gli incidenti. E oltretutto non è nemmeno riconosciuta ai dipendenti di imprese di appalti e di interinali, per non dire a quelli che lavorano in nero.

 

SOLIDARIETA’ OPERAIA AUTO-ORGANIZZAZIONE

SULLA SICUREZZA SUL LAVORO NESSUNO SCONTO AL PADRONE !

 

MARGHERA IN LOTTA PER LA DIFESA DEI POSTI DI LAVORO IN OGNI SUO COMPARTO PRODUTTIVO – CONTRO OGNI GIGANTISMO CHE NASCONDE MAGGIORE INSICUREZZA E PRECARIETA’ – CONTRO LA PRECARIETA’  IN OGNI SUA FORMA E NORMA DI LEGGE !

 

PER LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI ALLA LOTTA IN DIFESA DELLA VITA E DELLA SICUREZZA SUL LAVORO !

 

SLAI COBAS per il sindacato di classe – coordinamento provinciale di Venezia e Padova -  Raffineria ENI (3471965188)– appalti Fincantieri – Petrolchimica – Berengo – Bica (PD) –

Pensionati-Invalidi (334-1902497)

 

www.slaicobasmarghera.org  info@slaicobasmarghera.org 334-3657064

 

Fip via Pascoli 5 – MIRA VE