L’Associazione 12 Giugno di Taranto, che è stata costituita, anche grazie allo sforzo di SLAI COBAS di Taranto, dopo la duplice vicenda dei due giovani operai deceduti nel 2006 in quella data all’ILVA, il più grande centro siderurgico d’Europa ed uno dei primi dieci nel mondo, insieme al Comitato dei Familiari degli Operai Vittime del Lavoro di Brindisi, dove ha sede uno degli impianti Petrolchimici italiani, hanno organizzato e tenuto con successo un importante convegno di studio e confronto civile dal titolo:

PER LA DIFESA DELLA VITA, SICUREZZA E SALUTE SUI POSTI DI LAVORO
MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO

Il convegno si è tenuto nel suggestivo scenario del castello di Mesagne, nel brindisino, ed ha avuto la partecipazione e co-promozione del Comune di Mesagne, città che dette i natali all’operaio Antonino Minghella, morto mentre lavorava negli appalti dell’ILVA, il 18 aprile 2006, alla presenza di trecento persone.

Entrando, ci si soffermava sulla mostra degli articoli a stampa e dossier che riguardavano l’ILVA, i processi a Riva e le sue reazioni, ma anche i processi e gli insabbiamenti per il CVM del Petrolchimico di Brindisi. I compagni di SLAI COBAS di Taranto diffondevano dei fascicoli con alcuni tra i materiali in mostra, compreso il nostro piccolo opuscolo dal titolo MORTI SUL LAVORO DEMAGOGIA E REALTA’.

Precedentemente al convegno, avevamo tenuto una riunione di varie realtà operaie di SLAI COBAS per il sindacato di classe (Taranto, Dalmine, Ravenna, noi, ecc.), alla quale poi era seguito un incontro con un compagno del COMITATO NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO (RLS).

Il convegno, alla presenza delle autorità cittadine e della provincia di Brindisi, si è iniziato in un clima di forte tensione civile, alla presenza di alcune-i familiari di Paolo e Pasquale, operai morti il 12 giugno 2006, di Antonino Minghella, di altri operai uccisi dalle regole del bieco sfruttamento padronale.

La stampa e alcuni cineoperatori seguivano l’evento, che complessivamente è durato sei ore.

All’inizio si è data visione del documentario del TG2 Dossier “Morire per lavoro” del 25 marzo u.s., (Donato Placido), quindi è iniziato il convegno.

Cosimo Semeraro, fondatore dell’Associazione 12 giugno, che lo scorso settembre venne anche qui in Veneto per partecipare ad una trasmissione del Comitato difesa salari e pensioni a Radio Cooperativa, ha aperto il convegno.

Tra coloro che hanno portato brevi saluti al pubblico, un responsabile CGIL che ha affermato, unico poco applaudito, una posizione tendente a risolvere “tutti insieme” i problemi, l’Assessore alla provincia di Brindisi per i problemi del lavoro, un responsabile dei Vigili del fuoco, che spesso sono impegnati nell’inferno dell’ILVA (20.000 lavoratori di cui 6.000 impiegati negli appalti), alcuni lavoratori in pensione, e noi stessi di SLAI COBAS per il sindacato di classe di Venezia, nel quale intervento abbiamo portato anche i saluti dell’Associazione Esposti Amianto e ad altri rischi ambientali della provincia di Venezia –www.aeave.org  e parlato della situazione di Marghera dal punto di vista del movimento che storicamente gli operai hanno iniziato all’inizio degli anni ’70 su questo fronte.

Gli interventi al convegno sono stati tutti o quasi molto toccanti.

È toccato all’Avv.Stasi di iniziare, innanzitutto raccontando di quando giovane studentessa all’università, rimase orfana del padre operaio all’ILVA, e quindi affrontando i vari meccanismi e trucchetti giuridici e “culturali” con cui il fenomeno delle “morti bianche” (che di bianco non hanno nulla, perché sono tutte morti nere, ha detto tra gli applausi) viene “gestito”anche allo scopo di contenere al minimo i danni economici che i padroni debbono rimborsare. Ha rivendicato i valori fondanti della Costituzione, così inapplicati dalle stesse autorità, come fondamentali tanto più oggi, ed ha spiegato le linee guida del suo procedere professionale nel merito.

Oltre agli interventi di legali ASL, Regione, Medicina democratica, l’intervento di Ernesto Palatrasio coordinatore provinciale SLAI COBAS per il sindacato di classe di Taranto, lungo ed articolato, ha documentato le battaglie fatte in ILVA prima e dopo la costituzione dell’Associazione 12 giugno, i processi al potentissimo industriale Riva (condannato 25 volte) e le sue reazioni, minacce, disinteresse (“anche in una città di 20.000 abitanti ci sono ogni tanto delle persone che muoiono”, il succo di una sua affermazione pubblicamente esplicitata),  che recentemente ha subito con altri suoi uomini, una pesante condanna a 4 anni a Taranto. Ha spiegato la gravità dell’incidente avvenuto il 12 giugno 2006, una grande gru come quella che si spezzò in ILVA, è anche un’immagine di precarietà che in un grande stabilimento di queste dimensioni riveste una gravità senza precedenti. Il compagno ha spiegato come in effetti non si possa parlare di “confronto” di “tutte le forze” criticando direttamente il ruolo svolto in ILVA dai sindacati confederali, e raccogliendo anche su questo punto molto consenso nella sala. “Questa è una guerra dove non possiamo fare sconti”, ha affermato tra gli applausi, una guerra cioè la lotta per affermare il diritto sacrosanto a lavorare senza dover rischiare la vita ogni secondo.

Tra gli altri interventi, importante quello del compagno Filippo Cufari, Rappresentante Lavoratori Sicurezza alle Ferrovie, tra i costitutori del Comitato Nazionale per la sicurezza sul lavoro, e del sito www.macchinistisicuri.info, che ha parlato lungamente delle responsabilità di RFI e ha spiegato l’aggravamento della situazione della sicurezza, sia per i lavoratori che guidano i convogli ferroviari ora anche da soli, sia per i cittadini, e la necessità di lottare con un grande arco di forze dei lavoratori di ogni settore per impedire la continuazione di questa strage, che ha delle responsabilità anche in vuoti legislativi di fronte ai quali i RLS assumono anche in proprio delle decisioni sul momento, proprio perché senza l’esperienza e la ragionevolezza dei lavoratori stessi il bilancio sarebbe ancora più grave.

Un successivo lungo e caloroso intervento di un compagno operaio della FIOM dell’ILVA di Taranto, che è impegnato come Rappresentante Lavoratori Sicurezza, nelle quali vesti anche lui come Cufari, ha subito molte sanzioni, denunce, addirittura quattro licenziamenti e sucessive riassunzioni, proposte corruttive a lui e suoi familiari, allo scopo di piegarne l’impegno ad intervenire in ogni situazione di rischio di cui veniva a conoscenza nell’espletamento del suo ruolo. Questo compagno, ha fatto proprie molte delle affermazioni, critiche e proposte di SLAI COBAS per il sindacato di classe, addirittura ponendosi in una posizione ancor più critica a  proposito della proposta spiegata da Ernesto, della istituzione di un ufficio dell’Ispettorato del Lavoro all’interno dell’ILVA, affermando nel merito forse anche in maniera troppo disillusa, che non servirebbe a granché. La sua denuncia della corruzione e del corrompimento anche all’interno del sindacato è stata ancor più dura, e ha suonato da conferma della bontà dell’iniziativa dimostrando unità e fratellanza di classe con i compagni di SLAI COBAS. L’intervento, che di fatto ha chiuso la parte di dibattito dell’iniziativa (conclusasi con lo spettacolo – performance di Attrice contro, Alessandra Magrini, SE QUESTO E’ UN OPERAIO – VIAGGIO NELL’INFERNO DELL’ILVA DI TARANTO), è stato molto applaudito. Al compagno abbiamo fatto dono di una copia del libro Lotte operaie e problema dell’organizzazione, ristampato per nostro conto quest’anno.

 

Da questa iniziativa abbiamo imparato due cose fondamentali:

·        Laddove in questi trenta e passa anni di Storia nel nostro paese, i compagni avanguardie del proletariato non hanno preso scorciatoie né si sono impastoiati nell’opportunismo piccolo-borghese di derivazione teorica anti-maoista, è stato possibile sedimentare una forte auto-organizzazione di classe capace addirittura di dialettizzarsi in pubblico con ambiti istituzionali (non repressivo-militari).

·        Nel “meridione” d’Italia vi sono situazioni sociali di disagio e sfruttamento talmente forte da non rendere neppure necessari ai padroni gli “immigrati” del “terzo Mondo”, questo crea una sensibilità civile che in molte altre parti d’Italia pare scomparsa. Con questo non significa non saper leggere anche nella propria realtà la coscienza di classe che esiste, non dover, anzi, lavorare per rafforzarla, ma significa capire maggiormente le differenze nella formazione economico-sociale esistente, per meglio vincere la guerra di liberazione degli sfruttati.